Non era lui il rapinatore del “colpo” al Fortè, in appello assolto Di Stefano

 
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Immagini di repertorio

Gela. Quattro anni e dieci mesi di reclusione decisi in primo grado, assolto invece dai giudici della Corte d’appello. Sono cadute tutte le accuse mosse al ventiquattrenne Saverio Di Stefano, ritenuto l’autore di una rapina che cinque anni fa venne messa a segno all’interno del supermercato Fortè di via San Valentino, ad Albani Roccella. Chi agì si allontanò con un bottino di circa quattrocento euro, dopo aver minacciato il cassiere impugnando un’arma. Un ribaltamento della decisione chiesto e ottenuto dal difensore del giovane, l’avvocato Salvo Macrì. Così come verificatosi già in primo grado (davanti ai giudici del collegio penale del tribunale di Gela), anche in appello il legale ha contestato per intero la ricostruzione fornita dagli investigatori, che avrebbe incastrato Di Stefano. Per i carabinieri del reparto territoriale, l’azione sarebbe stata organizzata e messa a segno dall’imputato, a seguito dell’analisi di una serie di particolari. Dalle scarpe poi sequestrate alla cella telefonica che avrebbe dimostrato la presenza di Di Stefano nella zona di corso Vittorio Emanuele solo pochi minuti prima del colpo. Ma per gli inquirenti, a confermare il suo coinvolgimento ci sarebbe il contenuto di un’intercettazione. “Sbrigati Sa”, disse il complice che aspettava fuori rivolgendosi al rapinatore. Il cassiere minacciato, nel corso delle indagini e poi in aula durante il dibattimento, ha però fornito versioni discordanti.

Il difensore, davanti ai giudici nisseni della Corte d’appello, ha messo in dubbio ogni aspetto delle linea d’accusa. La presenza di Di Stefano nella zona del centro storico, solo pochi minuti prima della rapina, non sarebbe decisiva per attribuirgli la responsabilità dell’azione, data la presenza di un’altra cella telefonica nel quartiere Giardinelli (molto più vicina al supermercato) che però non registrò un suo eventuale passaggio. Anche le scarpe dello stesso tipo e dello stesso numero di quelle del rapinatore non sarebbero sufficienti a chiudere il cerchio investigativo intorno al giovane, trattandosi peraltro di calzature molto comuni. Inoltre, la difesa ha escluso che la frase pronunciata dal complice potesse riferirsi al ventiquattrenne. Una contro-ricostruzione, quella fornita in aula dal legale, che alla fine ha convinto i giudici ad assolvere Di Stefano.

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