Gela. Nonostante i tanti anni di detenzione, anche sotto regime di 41 bis, potrebbe ancora avere “collegamenti con la criminalità organizzata”. La Cassazione ha respinto il ricorso avanzato dal cinquantacinquenne Alessandro Emmanuello, per gli inquirenti uno dei reggenti dell’omonimo clan di Cosa Nostra. Tre anni fa, sia il magistrato di sorveglianza di Novara che il tribunale di Torino respinsero la sua richiesta finalizzata ad ottenere un permesso premio. Il tribunale piemontese citò “l’assenza di collaborazione” e la “proroga del decreto applicativo del regime del 41 bis”, a causa della “ritenuta perdurante pericolosità sociale e attualità di collegamenti con l’associazione criminale di appartenenza”. Per i giudici, non sono sufficienti “le allegazioni relative alla dedotta mancata assistenza economica e tutela legale da parte del sodalizio ovvero a mancate condanne per fatti successivi all’inizio di espiazione della pena, ovvero il mero decorso del tempo”.
Già nella decisione del tribunale di sorveglianza di Torino si leggeva di “elementi inconsistenti per superare la presunzione relativa di permanenza di collegamenti con la criminalità organizzata o quanto meno del pericolo di un loro ripristino, tenuto conto delle concrete circostanze personali e ambientali, e segnatamente della perdurante operatività del clan Emmanuello e del ruolo apicale all’interno dello stesso già rivestito dal detenuto”. La Cassazione, nelle motivazioni, conclude per l’inammissibilità del ricorso di Emmanuello, confermando che il tribunale si è riportato “ai parametri di valutazione introdotti dalla Corte Costituzionale”.