Gela. “Un reparto non può aprire il 15 luglio e chiudere il 10 settembre”. Anche la Cgil, attraverso la Funzione Pubblica, contesta la possibilità, che pare decisamente concreta (come abbiamo riportato), della chiusura di neurologia all’ospedale “Vittorio Emanuele”. Asp avrebbe già avviato le procedure per trasferire le urgenze più gravi al “Sant’Elia” di Caltanissetta. “Sessanta giorni sono la durata di un amore estivo e non di un servizio essenziale per una delle città più popolose della Sicilia e per l’intera comunità della zona sud della provincia di Caltanissetta. Ricordiamo che il reparto si occupa delle malattie neurologiche che incidono per il 20-30 per cento degli accessi del pronto soccorso, patologie che ledono, nelle acuzie e nelle cronicità, in modo drammatico la salute dei cittadini. Sarebbe dovuto essere l’inizio di un percorso di crescita e ampliamento – dicono il segretario confederale Rosanna Moncada e quello della Fp Angelo Polizzi – che doveva garantire servizi necessari alla cittadinanza con progetti con una sanità pubblica che dovrebbe migliorare la propria offerta in un territorio critico, fino a realizzare il nuovo ospedale, ricco di servizi da potenziare in tutte le sue parti sia ospedaliere sia territoriali. Noi abbiamo denunciato pubblicamente le molte criticità dell’Asp di Caltanissetta, anche in sede di delegazione trattante, convinti che l’azione amministrativa della direzione generale non merita alcun plauso, anzi quest’ultima vicenda rafforza la nostra convinzione che non c’è alcuna visione strategica nell’offerta dei servizi sanitari della provincia. Poca lungimiranza e poca cura per le nostre comunità”. Per i sindacalisti, anche la politica deve assumere posizioni più nette.
“È necessario un cambio di rotta, noi non assisteremo inermi, faremo la nostra parte e auspichiamo un intervento da parte dell’Asp che non sia l’ennesimo proclamo. La politica cominci a discutere meno e a incidere concretamente dimostrando più cura e attenzione per la salute dei cittadini di questo territorio – continuano – ognuno responsabilmente faccia la propria parte affinché la salute di tutti non subisca alcun pregiudizio e che non ci siano cittadini meno fortunati di altri per poter accedere al diritto di salute e di cura”.