Gela. Due dirigenti dell’Ato Ambiente cl2 in liquidazione andranno a giudizio.
Si aprirà il giudizio. E’ stata fissata per gennaio la prima udienza del processo scaturito dalle indagini avviate dalla Procura distrettuale di Caltanissetta sulla presenza di cimici illegali all’interno degli uffici di contrada Brucazzi. Dopo due anni di verifiche sfociate anche nelle notifiche di avvisi di garanzia, le indagini si sono concluse con la decisione di avviare un processo. La vicenda aveva assunto, nel 2012, aspetti allarmanti e il coinvolgimento anche di alcuni dipendenti, sentiti dagli inquirenti. Non sono mai trapelate indiscrezioni sui contenuti delle testimonianze che sicuramente hanno indotto i magistrati a procedere. I due dirigenti sono chiamati a fare chiarezza sulla eventuale presenza di quelle cimici che sarebbero state collocate tra le stanze che ospitano gli uffici dell’Ato Ambiente cl2, nella terza strada della zona industriale di contrada Brucazzi. Sarebbero stati proprio i contenuti dei colloqui effettuati dai dipendenti a fare emergere nuovi particolari, indispensabili alla procura a concludere le indagini. La vicenda sulle cimici illegali aveva sorpreso lo stesso commissario liquidatore dell’Ato ambiente cl2, Giuseppe Panebianco, che aveva ammesso di “avere ereditato un pesante carico”.
Il sospetto di microspie tra gli uffici. Le indagini proseguirono con ulteriori blitz agli uffici dell’Ambito territoriale ottimale di contrada Brucazzi da parte degli agenti della squadra mobile di Caltanissetta. Le attività, condotte dalla magistratura, sarebbero state estese anche alla verifica di documenti contabili su spese effettuate, patrocini e sponsorizzazioni di eventi. Sin da subito, il commissario Giuseppe Panebianco, aveva detto “di sentirsi sereno nel collaborare con la magistratura” parlando di “documentazione in ordine”. Adesso bisognerà fare chiarezza su chi ordinò la collocazione delle presunte cimici e per quale fine. Qualche dipendente aveva messo le mani avanti, parlando di presunta attività di controllo con l’unico obiettivo di spiare ogni attività, dalle riunioni, alle frequentazioni o accesso di “particolari” utenti dell’Ambito Cl2 fino a quel momento ritenuto uno dei più virtuosi a livello regionale. Da allora sono state ipotizzate diverse attività, tanto da ritenere opportuno estendere le stesse indagini anche al servizio di vigilanza armata dentro gli uffici. Probabilmente, proprio i vigilantes, potrebbero avere saputo dell’avvenuta collocazione di dispositivi di controllo non autorizzati all’interno della sede degli uffici. A distanza di tre anni la vicenda approderà ufficialmente in un’aula di tribunale. A gennaio si terrà la prima udienza che, sicuramente, darà risposte a molti quesiti non ancora risolti.