Quotidiano di Gela

Maxi sequestro di beni da 50 milioni di euro, attività sulle aziende di Catania

La Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Caltanissetta ha dato esecuzione a un provvedimento di sequestro di beni, di primo grado. Si tratta di beni riconducibili all'imprenditore gelese Emanuele Catania, condannato per i fatti di "Extra fines"

A cura di Redazione
23 giugno 2025 12:12
Maxi sequestro di beni da 50 milioni di euro, attività sulle aziende di Catania -
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Gela. Maxi sequestro da circa  50 milioni  di  euro  nel  settore  ittico, come abbiamo riferito questa mattina. Al centro delle attività, società e beni riconducibili all'imprenditore Emanuele Catania. Sono coinvolte società operanti in Italia e Marocco. 
La Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Caltanissetta ha dato esecuzione a un provvedimento di sequestro di beni, di primo grado, emesso dal Tribunale di Caltanissetta–Sezione  Misure  di  Prevenzione,  su  proposta  formulata  dalla  Direzione  Distrettuale  Antimafia di Caltanissetta, nei  confronti dello stesso Catania inteso  Antonino, imprenditore gelese storicamente attivo nel settore della pesca e della commercializzazione 
di prodotti ittici, anche su scala internazionale. Il  provvedimento,  eseguito  dai  militari  del  G.I.C.O.  del  Nucleo  di  Polizia  Economico-Finanziaria  di  Caltanissetta  con  il  supporto  operativo  del  Reparto  Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Palermo, ha riguardato un patrimonio del valore complessivo di circa 50 milioni di euro, costituito da oltre 40 immobili, veicoli, conti  correnti  bancari,  quote societarie,  unità navali (pescherecci)  e compendi aziendali, con sedi e ramificazioni operative in Italia e Marocco. Il  sequestro  trae  origine  da  approfonditi  accertamenti  patrimoniali  eseguiti  ex  art.  19  del 
D.Lgs. 159/2011 – su delega della locale Procura – che hanno riguardato 45 soggetti tra persone  fisiche  e  giuridiche,  ricostruendo  un  imponente  reticolo  societario  e  familiare, nonché una  sperequazione evidente tra redditi  dichiarati e incremento patrimoniale osservato nel periodo 1985-2022. Emanuele Catania è soggetto coinvolto e condannato in via definitiva per associazione mafiosa  per avere fatto parte  sin dai primi  degli  anni ‘90  dell’organizzazione criminale di  stampo mafioso denominata Cosa nostra operante e segnatamente della famiglia Rinzivillo, avente  al  vertice  i  fratelli Antonio, Crocifisso e Salvatore Rinzivillo. Inizialmente, Catania è stato assolto in primo grado dal Tribunale di Gela che ha restituito 
i  beni  sottoposti  a  sequestro penale.  La  Procura  di  Caltanissetta  ha  poi  impugnato l’assoluzione dinnanzi alla Corte di Appello di Caltanissetta che lo ha riconosciuto colpevole del  delitto  di  associazione  di  stampo  mafioso,  pronuncia  confermata  dalla  Corte  di Cassazione con sentenza dello scorso anno. Si è  in particolare  accertato  che  Catania è  stato  soggetto di riferimento per l’organizzazione  mafiosa e in particolare per il reggente  della  stessa Salvatore Rinzivillo, avendo offerto  supporto  per  favorire l’infiltrazione nel tessuto economico legale di attività con le quali riciclare proventi illeciti ed operando anche in condizioni di favore grazie alla “persuasione” mafiosa in grado di alterare le regole della concorrenza di mercato. In particolare, Rinzivillo  per favorire l’infiltrazione mafiosa nell’economia legale, chiedeva proprio  a  Catania disponibilità  per dar  corso  al  commercio  nel settore  ittico, nell’ambito del più ampio progetto sviluppato, insieme ad altri imprenditori gelesi operanti nel mercato ittico, di estensione del commercio dal Marocco, paese dove Guttadauro già operava e dove Catania acquisiva il controllo della società Gastronomia Napoletana, società di diritto marocchino, di cui assumeva il ruolo sia di socio che di amministratore unico. Dato  particolarmente  significativo  è  il  fatto  che  le  indagini  hanno  acclarato  come  sia l’ingerenza  nei  settori  economici  uno  degli  aspetti  che  più  ha  attirato  gli  appetiti dell’organizzazione mafiosa: in particolare proprio il settore nel quale ha operato Catania, ovvero  il  settore  ittico  siciliano,  il  quale  è  risultato  essere  gestito,  in massima parte, solo  dai  mafiosi  che  imponevano le  loro forniture di pesce, monopolizzando praticamente il mercato. Le dichiarazioni convergenti di numerosi collaboratori di giustizia hanno descritto, sin dagli anni  ’80,  rapporti  fondati  su  reciproci  obblighi  e  vantaggi  illeciti tra Catania e la consorteria mafiosa gelese. Nell’ambito dell’operazione “Terra Nuova  2” (p.p. 473/2003 R.G.N.R.), le dichiarazioni dei collaboratori hanno delineato il profilo di Catania come uomo di fiducia di Antonio Rinzivillo, il quale avrebbe investito i proventi dell’attività illecita di traffico di stupefacenti nelle attività economiche dei fratelli Catania. Questi ultimi godevano di “protezione” grazie ai rapporti privilegiati e di natura economica con il clan. Nel procedimento "Extra fines" la Corte di Appello ha ritenuto accertata la piena disponibilità di Catania sull’intera struttura associativa dei Rinzivillo già dagli anni novanta. La Corte territoriale ha evidenziato come il rapporto privilegiato di amicizia tra Catania e i Rinzivillo abbia costituito il presupposto per la creazione e il rafforzamento di un legame di natura molto più profonda. Sulla base degli elementi emersi, come già sottolineato dalla Corte di Appello, risulta l’interesse reciproco tra i Rinzivillo e Catania. L'imprenditore è stato condannato in appello e poi in Cassazione, con decisione definitiva a 6 anni e 8 mesi di  reclusione, in  quanto ritenuto  partecipe  dell'associazione  mafiosa,  capeggiata  dai  fratelli Rinzivillo. Avrebbe  ricevuto  protezione  e  indebite  agevolazioni nell’esercizio della propria attività economica. Molti  dei  beni  e  delle  società  sottoposte  a  sequestro  sono  formalmente  riconducibili  al fratello  di Catania, soggetto  non  condannato  per associazione  mafiosa  che  è  stato  coinvolto  nella  presente  operazione  quale  “terzo interessato” in virtù della menzionata formale intestazione di cespiti.  La Guardia di Finanza di Caltanissetta, nel corso delle complesse attività investigative, ha ricostruito l’intero  patrimonio dei  proposti, evidenziando come  la  capacità  reddituale ufficiale  dei  nuclei  familiari  fosse  del  tutto  incongrua  rispetto  ai  capitali  investiti, specie nel periodo tra il 1998 e il 2007. Gli investimenti rilevati, non supportati da fonti lecite, sono  risultati  essere  verosimilmente  frutto  di  disponibilità  finanziarie  di  origine  ignota, successivamente reimpiegate. In tale contesto, fondamentale è risultato il contributo operativo del Reparto Operativo Aeronavale  della  Guardia  di  Finanza  di  Palermo,  che  ha  permesso  il  sequestro  dei natanti  (pescherecci  e  una  barca  da  diporto)  riconducibili  alle  società  dei  fratelli Catania. La misura, che precede la richiesta di confisca definitiva, mira a cautelare il patrimonio accumulato  illecitamente  e  sottrarre  risorse  economiche  alle  consorterie  mafiose, continuando  il  contrasto strutturale alla  contaminazione dell’economia legale da parte della criminalità organizzata.

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