Gela. Nei prossimi giorni, la maxi indagine sulla nuova stidda, che ha coinvolto decine di presunti affiliati, arriverà alla prova del riesame. Le difese cercheranno di ottenere una rivisitazione dei provvedimenti firmati dal gip. Sono due i filoni portati avanti dagli inquirenti, quello che ha come base di riferimento il territorio gelese (racchiuso nell’inchiesta “Stella cadente”) e gli sviluppi che invece hanno condotto in Lombardia, nell’area di Brescia (con il blitz “Leonessa”). Il giudice delle indagini preliminari, intanto, ha concesso gli arresti domiciliari al sessantaseienne Rocco Di Giacomo, legato da stretti rapporti di parentela con i presunti capi stiddari Bruno Di Giacomo e Giovanni Di Giacomo. La difesa, sostenuta dall’avvocato Antonio Gagliano, ha fatto rilevare la presenza di un quadro accusatorio nei suoi confronti piuttosto marginale, escludendo la necessità della detenzione in carcere. Non ha presentato ricorso ai giudici del riesame, invece, la difesa del trentatreenne Rosario Marchese, che gli investigatori lombardi ritengono la mente finanziaria degli stiddari, capace di strutturare introiti milionari, attraverso il meccanismo delle compensazioni fiscali illecite.
In base alle accuse, avrebbe infiltrato il tessuto economico, facendo circolare capitali illeciti, con la complicità di professionisti e funzionari pubblici. I magistrati bresciani parlano di un imprenditore “di spessore criminale”. La difesa, sostenuta dall’avvocato Domenico Servillo, intende studiare ancora più nel dettaglio le migliaia di pagine degli atti dell’inchiesta.