Michele Mancuso deve proprio contentarsi del poco, visto che si reputa soddisfatto dei quattro voti raccattati qua e là nella città dalla corazzata che aveva preparato coi suoi compari. E meno male che si reputavano certi di andare al ballottaggio prima e sicuri di vincere dopo. Poverini, accontentarsi ora, invece del lingotto d’oro sperato, di un pezzo di ferro, peraltro arrugginito. E non si vergognano neppure! Dice anche Mancuso che, trascurando, dico io, la miseria dei quei quattro voti presi, hanno dato un volto nuovo a Forza Italia.
Totò, ridendoci sopra, lo avrebbe apostrofato col celebre “Ma mi faccia il piacere!” La nomina di Pino Federico a commissario cittadino di Forza Italia, servirebbe a questi signori per traghettare Forza Italia, ma hanno omesso di specificare se, come Caronte, in un luogo di dannazione. Cosa può nascere da un’operazione sporca nella forma e nella sostanza, immaginata dal fantastico due Mancuso-Gibiino con l’ingenuo avallo di Pellitteri? L’ingresso trionfale di Pino Federico in Forza Italia è stata un’operazione che ha avuto semplicemente effetti emetici in tanti cittadini. Altrimenti non si capirebbe, come ha opportunamente sottolineato Maurizio Scicolone, perché Pino Federico non si sia presentato ai forzisti veri, quelli che, mettendo le mani nelle tasche, avevano orgogliosamente chiesto e ottenuto la tessera. E Maurizo Scicolone si stupisce del fatto che Pino Federico sia entrato a casa nostra senza salutare, senza presentarsi, senza tentare un dialogo anche postumo.
Conseguenza: l’appello di Vincenzo D’Asaro al bagno di umiltà da parte di tutti appare manifestamente falso, ipocrita e provocatorio. Siamo ormai abituati alla faccia di bronzo di Michele Mancuso. Pertanto non mi sono stupito più di tanto allorché ha affermato che Pino Federico è stato nominato commissario di Forza Italia a Gela, dopo aver sentito la base. Ci dica Mancuso e il suo gruppo delle meraviglie in quale luogo, giorno e ora la cosiddetta base del partito sia stata convocata e consultata. Evidentemente avrebbero dovuto necessariamente consultare noi, i soli tesserati. Cosa che evidentemente Mancuso non poteva fare, anche perché consapevole del fatto che non gli avremmo mai dato l’onore di farci fare l’esame da uno che meriterebbe, semmai, un regolare processo politico. Ci dice Mancuso che la vita di Forza Italia è stata caratterizzata in questi mesi da entusiasmo e che, pertanto, il loro scopo è quello di mantenere lo stesso entusiasmo e l’aggregazione all’interno del gruppo. Di quale gruppo si tratta, ancora una volta Mancuso lo omette.
Non nascondo la mia curiosità di sapere che cosa abbia spinto Mancuso e la sua tribù ad attuare un così apparentemente inspiegabile colpo di mano a danno dei veri forzisti, quelli che hanno la tessera e per questo hanno fatto fare buona figura allo stesso Mancuso. Infierire poi su Pellitteri, invece, definito genio della politica da un suo delfino, in un momento come questo in cui ancora non si è pienamente riavuto dalla scoppola ricevuta, mi parrebbe scortese. Pellitteri dice che il progetto di “Alternativa Moderata” continua in piena autonomia, sia col sostegno di Forza Italia e sia con quello della società civile tutta. Meno male che non ha chiesto pure il sostegno della società incivile. Questo significherebbe una sola cosa: che Gela conta solo qualche migliaio di persone civili, visto che la stragrande maggioranza lo ha bocciato. Pellitteri dice ancora che il suo movimento, “Alternativa Moderata”, bandisce ogni forma di “populismo fine a se stesso” come se avesse un senso “populismo fine a se stesso”. Noam Chomsky lo bacchetterebbe spiegandogli che populismo significa appellarsi alla popolazione per qualcosa che allarma e che in ciò si realizza la più compiuta forma di democrazia. Ciò accade quando il disagio sociale, i bisogni, le preoccupazioni, le istanze della gente, divenuti intollerabili, non trovano nella classe politica al potere risposte adeguate. Ma anche quando il populismo viene equiparato al significato di demagogia, non può essere mai fine a se stesso, non foss’altro perché allerta, impensierendolo, chi detiene il potere e qualcosa fa comunque muovere nella società.
Il movimento “Alternativa Moderata” di Pellitteri bandisce anche lo sterile avventurismo politico. Anche qui, una contraddizione in termini. L’avventurismo di cui parla Pellitteri in che modo potrebbe mai essere sterile, quando proprio esso si caratterizza per l’imprevedibilità, per il potenziale rischio che porta con sé, per l’incuranza degli effetti che può determinare, per la spregiudicatezza con cui l’utile immediato viene perseguito senza che ne vengano prefigurate le conseguenze. Non può, in nessun caso, l’avventurismo essere sterile: può essere dannoso, scriteriato, folle, persino devastante, ma mai, ripeto, sterile. In ogni caso, chi può stabilire a priori che un movimento, o un’iniziativa politica, sfoci in qualcosa che Pellitteri chiama avventurismo sterile? A meno che non si riferisca, magari inconsciamente, allo sterile avventurismo politico che lo ha visto protagonista nella recente consultazione elettorale. Pellitteri non domina la parola, le corre dietro. Pellitteri parla della sinistra che negli ultimi cinque anni avrebbe trasformato il Comune in un feudo di Renzi. E io gli chiedo: dove è stato negli ultimi cinque anni? Devo aggiungere ancora dell’altro?