Gela. I quartieri della città attendono ancora il ripristino della normale fornitura idrica dopo il black out che sta continuando ad interessare i canali di collegamento tra le riserve gestite da Siciliacque e le condotte del gruppo Caltaqua. Risultato? Acqua assente non solo nelle abitazioni private ma anche negli esercizi commerciali, alcuni costretti alla chiusura anticipata.
Stando agli uffici della società italo-spagnola, le forniture dal gruppo Siciliacque dovrebbero riprendere già nelle prossime ore: spetterà ai tecnici di Caltaqua, invece, mettere in pressione le condotte locali per far arrivare l’acqua nelle abitazioni. Intanto, a sorridere sono soltanto i privati che gestiscono piccole riserve idriche. Non a caso, molte autobotti si sono mosse tra le vie della città, chiamate da utenti in seria difficoltà. Cinquanta o cento euro a fornitura e il gioco, per qualche tempo, è fatto.
La crisi idrica, insomma, non risparmia nessuno ma, di certo, fa dormire sonni più tranquilli a chi di acqua vive, soprattutto a livello di reddito economico. Neanche a farlo apposta, nelle stesse ore dello stop alle forniture, i dirigenti locali del gruppo Caltaqua hanno dato i numeri.
Ovviamente, quelli della loro attività, giunta al settimo anno, sul territorio locale. “Un investimento privato – scrivono in una nota – da ottanta milioni di euro, capace di attivare un indotto da quasi duecento milioni”. Dati economici che fanno riflettere ma che, certamente, non saziano la necessità di forniture idriche regolari. In totale, in città, l’investimento fino ad oggi sostenuto dagli imprenditori di Caltaqua supera quota dodici milioni di euro, tra opere già concluse e quelle in fase di approvazione.
Le autobotti private, però, ad intervalli di tempo praticamente regolari, sono in circolazione: non solo davanti all’arsura estiva ma anche quando a soffiare sono i venti, ancora freddi, dell’inverno.
Rubinetti senz’acqua quando, all’interno della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore, è fermo quel “gigante” della dissalazione costato oltre cinquanta milioni di euro e ribattezzato quinto modulo bis: ovvero, acqua marina convertita in riserve idriche da destinare alle utenze private.
Secondo i manager di Siciliacque, però, sarebbe un sistema oramai superfluo e costoso: le acque delle dighe bastano e avanzano! Al momento, però, gli utenti gelesi non sembrano così convinti da questo paradigma. Oggi intanto alcune scuole sono state chiuse in anticipo.