Gela. Ha scelto di rilasciare dichiarazioni e lo farà all’udienza fissata per il prossimo febbraio. E’ partito il giudizio di appello nei confronti di Salvatore Rinella, il giovane accusato del duplice omicidio stradale di Nuccia Vullo e Ludovica Caracappa. In primo grado, al termine del giudizio abbreviato, il gup del tribunale di Gela l’ha condannato a quattro anni e quattro mesi di reclusione. Madre e figlia vennero travolte e uccise dalla vettura di Rinella, lungo un tratto di via Venezia. Le vittime erano appena uscite da un locale della zona e stavano per raggiungere la loro automobile. Rinella si allontanò senza prestare soccorso. Si presentò dopo qualche ora alla caserma dei carabinieri di via Venezia. Il suo legale di fiducia, l’avvocato Salvatore Incardona, in apertura del giudizio di secondo grado, davanti ai magistrati della Corte d’appello di Caltanissetta, ha chiesto l’estromissione delle parti civili che effettivamente il giudice ha accertato non avessero interesse diretto a stare nel procedimento. Rimangono nel giudizio, invece, Luigi Caracappa, marito di Nuccia Vullo e padre della piccola Ludovica, e i familiari della donna, il padre e la madre. Erano già costituiti negli altri gradi, rappresentati dagli avvocati Riccardo Balsamo, Gaetano Purpura, Gionata Virga e Seba Virga. Alle parti civili, già al termine del giudizio abbreviato, è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni. La tragedia scosse enormemente la famiglia e la città. Per le vittime non ci fu nulla da fare e anche i soccorsi non riuscirono a salvargli la vita. Le ferite si rivelarono troppo profonde. In aula, si tornerà a febbraio, anche per consentire a Rinella di rilasciare dichiarazioni. La difesa, nel ricorso, ha puntato anche su quanto ricostruito dai periti durante le attività tecniche per definire la dinamica dell’accaduto.
L’imputato ha sempre sostenuto di non essersi accorto della presenza di madre e figlia sulla careggiata. I legali di parte civile e i familiari, invece, ritengono che la responsabilità del giovane sia piena e si sarebbero attesi una condanna più pesante, anche a seguito dell’omissione di soccorso.