Lunghe attese per i vaccini, sindacati: “Sistema disorganizzato, serve un confronto”

 
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Gela. C’è la necessità di migliorare l’organizzazione delle vaccinazioni sul territorio. Al momento, fin troppa disorganizzazione, dovuta anche alle linee regionali. I segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil chiedono maggiore coerenza nelle scelte, a difesa dei pazienti e dei sanitari. Anche ieri, dopo quanto accaduto in città, si sono registrati assembramenti a Caltanissetta, attualmente zona rossa. Attese fino a cinque ore. “Diciamoci la verità, oggi i piani di vaccinazione sono organizzati male, sia per i lavoratori che si dedicano a questo servizio sia per i cittadini fruitori a qualunque età, figuriamoci gli ottantenni, che significa anche averne ottantanove e anche oltre. Ieri, a Caltanissetta, un’interminabile coda di donne e uomini, provenienti da tanti Comuni, in attesa di vaccino per la corsa a rendersi immuni. Una corsa che ha avuto cinque ore di sosta, rispetto all’orario di prenotazione. Cinque ore in piedi e al freddo, oltre che assembrati come testimoniano centinaia di foto. Il sindacato confederale, unitariamente – dicono Ignazio Giudice, Emanuele Gallo e Vincenzo Mudaro – è consapevole che non si tratta di responsabilità organizzative e gestionali della direzione strategica. Tanto dipende dalla Regione Siciliana, dall’interpretazione diurna e notturna di direttive, per esempio sulla somministrazione di Astrazeneca”.

I sindacati parlano di “palese disorganizzazione” e attendono un confronto complessivo. “Di certo va realizzato un urgente confronto per evitare questa palese disorganizzazione che nuoce alla salute delle persone, che hanno in corpo una patologia, ci sono nate oppure è arrivata nel corso della vita e le foto vanno inviate nelle sedi decisionali perché come spesso accade una cosa è la teoria, altra cosa è la pratica. Tutti i cittadini, iniziando dai vulnerabili, hanno diritto alla cura di qualità – concludono i sindacati – il resto necessita di non diventare vulnerabile, a causa del funzionamento precario dei servizi sanitari pubblici”.

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