Gela. Il dibattimento nei loro confronti è stato aperto davanti al giudice Marica Marino. I fratelli Antonino Raitano e Ruben Raitano e ancora Francesco Casco, lo scorso anno, furono raggiunti, insieme ad altri coinvolti, da misure restrittive per i fatti del blitz “Smart working”. Secondo i poliziotti del commissariato e i pm della procura, anche durante il periodo del lockdown lo spaccio di droga non si sarebbe mai fermato. La procura, per i tre imputati, aveva già richiesto il giudizio immediato: stessa decisione avanzata per altre posizioni che però affronteranno riti alternativi. I difensori dei tre, gli avvocati Davide Limoncello e Lia Comandatore, hanno esposto le rispettive richieste istruttorie, così come la procura, in aula con il pm Tiziana Di Pietro. Rispetto a Casco, il difensore ha avanzato la possibilità di una perizia per valutare le condizioni soprattutto di idoneità psichica. Il giudice si pronuncerà nel corso della prossima udienza.
Sulla base degli esiti di indagine, i due nodi principali dello smercio di sostanze stupefacenti erano le abitazioni di Francesco Scicolone, nella zona del “Bastione”, e di Giacomo Tumminelli, nei pressi di via Perugia. Entrambi sono stati ristretti in carcere proprio per questi fatti. Intorno alle due presunti centrali dello spaccio di droga, si sarebbero mossi sia pusher sia tanti clienti.