Gela. “Quel revolver sequestrato era solo un residuato bellico che non poteva sparare”.
“Era solo un residuato”. Per questo motivo, la difesa del ventinovenne Luigi Di Noto ha chiesto che gli atti del procedimento penale ritornino al pubblico ministero. A sostenerlo in aula, davanti al collegio presieduto dal giudice Paolo Fiore, affiancato dalle colleghe Ersilia Guzzetta e Silvia Passanisi, è stato l’avvocato Francesco Enia, difensore del giovane finito a giudizio. Nella sua disponibilità, gli investigatori trovarono un fucile a canne mozze e, appunto, un vecchio revolver. Nelle scorse settimane, il giudice monocratico trasferì il procedimento proprio al collegio penale. Il legale di difesa ha contestato la competenza della corte, facendo leva sul fatto che quel revolver, come confermato da una perizia tecnica, fosse soltanto un residuato bellico del tutto inutilizzabile. Di conseguenza, a Di Noto andrebbe contestato solo il possesso del fucile. Davanti alle eccezioni mosse dalla difesa, il collegio ha scelto di riservarsi la decisione che, a questo punto, verrà resa nota alla prossima udienza del 16 luglio.