Gela. E’ sempre stato un piacere per me intrattenermi per qualche minuto con le signore Lina Orlando e Felicia Randazzo per discutere di cultura o per commentare fatti ad essa inerenti. Di entrambi ho potuto apprezzare la passione, non certo comunissima, per i libri.
La prima delle due ha avuto il coraggio di investire il suo modesto capitale di insegnante in pensione in una attività altamente a rischio come quella di una libreria in un luogo non particolarmente evoluto culturalmente.
La seconda, nata e cresciuta tra carta e inchiostro, ha avuto la fortuna sì di ereditare materialmente l’attività, ma soprattutto la passione per i libri. Al di là della umanamente giustificabile e sempre auspicabile rivalità a fare meglio, di certo c’è che entrambe portano acqua allo stesso mulino: la cultura. Sono ormai anni che tutte e due sono fortemente impegnate a organizzare convegni, conferenze, dibattiti, incontri su tematiche sempre stimolanti, programmi video di divulgazione, recital di poesie con o senza interventi musicali. Ciò, ovviamente, ha comportato per loro anche un onere economico non trascurabile, dovendo provvedere a fornire assistenza anche materiale ai relatori, scrittori, poeti, docenti e giornalisti invitati, ciascuno sempre dal curriculum prestigioso, che provenivano da luoghi talvolta anche piuttosto lontani.
Le istituzioni? Manco a parlarne! Figurati se a un politico possa mai interessare la cultura, a uno che magari non ha mai letto un solo libro in vita sua. Tutte e due le nostre donne hanno il dono di consigliare, porre all’attenzione degli avventori le ultime novità dell’editoria, di commentare volentieri con i clienti la bontà, le peculiarità, il genio degli autori.
Era proprio doveroso fare questo omaggio alle due signore in questione? Proviamo a darci una risposta! Huizinga diceva che per mantenere cultura bisogna creare più cultura. Cosa oggi ancora più necessaria, e quindi più libri come direbbe George Steiner. Vero è che oggi i media mettono a nostra disposizione oceani di informazioni ma, paradossalmente, questo ci espone anche alla superficialità e, in qualche modo, alla vanità dell’apparire. Solo i libri possono aprire orizzonti prima d’ora sconosciuti o ignorati. Solo coi libri si conoscono le profondità, i fondali pieni di meraviglie del sapere, quelli che danno nobiltà a quel nome, spesso magari pretenzioso, che chiamiamo umanità. Solo dai libri possiamo attingere quella particolare luce che illumina e spiega la nostra realtà, una sapienza che non raggiungeremmo mai da soli. Abbiamo sentito di librerie storiche, di quelle che hanno fortemente inciso sulla vita, sulla cultura e sul comportamento di tante generazioni di uomini, chiudere i battenti per dare posto ad attività più lucrose, ferendo così a morte lo spirito quasi protettivo che aleggiava su quei luoghi. Nelle librerie si fanno, di norma, gli incontri più gratificanti e le scoperte più seducenti.
La mia ultima scoperta è stata quella del poeta russo Fëdor Tjutcěv, eminente poeta russo dal valore prossimo a quello di Puskin, eppure ingiustificatamente ignorato. Da una libreria si esce immancabilmente con un io più forte, e un io più forte produce pensieri forti, i quali ci rendono invincibili anche di fronte a chi minaccia la nostra libertà; ma si esce anche con una consapevolezza di sé magari prima sopita, con una visione più poetica della vita, quella che le dà, in fondo, maggiormente valore.
David Thoreau diceva che tanti hanno dato l’inizio di una nuova era della loro vita dalla lettura di un libro. Giudizio condiviso da Marcel Prevost: L’incontro casuale di un buon libro può cambiare il destino di un’anima. Per questo, il tempo trascorso in una libreria può costituire il momento più gratificante ed edificante della giornata di una persona, sentendosi questa accomunata alla grandezza di uomini che hanno saputo interpretare e raccontare la vastissima gamma delle passioni, dei sentimenti, delle ebbrezze, delle bassezze e delle altezze in cui si dispiega l’animo dell’uomo.
Le librerie sono luoghi magici ove possono davvero avvenire piccoli miracoli, in cui ciascuno può trovare in un libro il suo piccolo paradiso. A tal proposito, Borges diceva che i libri sono una possibilità di felicità che abbiamo noi uomini.
Quante volte un libro letto ha attenuato la sensazione di gelo del nostro spirito!
Per un popolo, per una comunità, ci sarà sempre speranza fino a quando le librerie e le biblioteche resteranno aperte. La bellezza non comincia certo dall’oggetto rappresentato, ma dal vedere e dal pensare bene. Ogni volta che una persona, maggiormente se giovane, esce da una libreria col suo più o meno ponderoso carico di libri, nel nostro caso di via Marconi o di via Parioli, si è aggiunto un segmento di bellezza ad un mondo che tende paurosamente verso il degrado materiale e spirituale.
Sarebbe davvero auspicabile che i giovani passassero parte del loro tempo libero in una libreria piuttosto che in luoghi in cui vengono spesso irretiti dal fascino perverso di consumare in maniera smodata sostanze che ne abbrutiscono l’anima. Avendone fatta una volta diretta esperienza, dico anche che niente è più gratificante per un docente dello sguinzagliare la propria scolaresca in una libreria. La conseguenza? Un’autentica esplosione di energia! E allora, che si attraversi Via Marconi o Via Parioli, rallentiamo il passo per dare una sbirciatina ai titoli dei libri esposti in vetrina. E’ il primo passo per inoltrarci nella libreria. Una volta dentro, qualcosa certamente succederà. In ogni caso, da quel luogo sacro usciremo certamente migliori.