Gela. I giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno respinto il ricorso presentato dai pm della procura che si sono opposti all’assoluzione decretata lo scorso anno nei confronti di tredici imputati, accusati dell’omicidio colposo dell’ex operaio del clorosoda Salvatore Mili. Si tratta di ex manager e tecnici Eni. Un verdetto che per ora ha stoppato la possibilità di riaprire il procedimento, come chiesto invece dai familiari del lavoratore. “Una decisione che non condividiamo – dice il figlio Orazio Mili – nei prossimi giorni, chiederò un incontro al procuratore. Noi da anni vogliamo avere giustizia. Abbiamo il diritto di sapere chi ha ucciso nostro padre. Spero che la procura non ci abbandoni”. Orazio Mili è stato tra i fondatori del comitato dei familiari delle vittime dell’impianto clorosada. Sono diversi gli ex lavoratori morti nel corso del tempo.
“Il verdetto è stato deciso basandosi sulla norma che regola l’impugnazione del giudizio pronunciato dal gup – spiega ancora Mili – il nostro ricorso era più che fondato. I giudici della Corte d’appello, piuttosto che dichiarare l’inammissibilità avrebbero potuto rinviare alla Corte di Cassazione e non l’hanno fatto. Noi non ci fermiamo”. I familiari dell’operaio morto sono convinti che le gravissime patologie contratte siano da legare alle sostanze lavorate nell’impianto clorosoda. I legali che li rappresentano, gli avvocati Emanuele Maganuco, Joseph Donegani e Dionisio Nastasi, nel corso dell’intero procedimento hanno prodotto una lunga serie di documenti e certificazioni mediche. Per loro, così come per i pm della procura, ci sarebbe un evidente nesso tra le patologie contratte da Salvatore Mili (che l’hanno poi portato alla morte) e i processi produttivi dell’impianto clorosoda di Eni (dismesso diversi anni fa).