Niscemi. Non ci sono gli estremi della truffa. Il gup del tribunale ha disposto il non luogo a procedere per gran parte dei coinvolti in una vasta indagine, conclusa due anni fa. Gli investigatori individuarono un presunto “sportello bancomat” che un esercente niscemese pare avesse organizzato sfruttando le carte del reddito di cittadinanza. Secondo gli inquirenti, decine di percettori del sostegno si sarebbero recati dal titolare dell’attività (un bar), a Niscemi, che di fatto elargiva il denaro, trattenendo una percentuale, simulando operazioni di acquisto sempre tramite le carte del reddito. Ci sarebbero state, nell’arco di un mese, operazioni per 16 mila euro circa in denaro contante. Oltre 2 mila euro li avrebbe incassati il gestore dell’esercizio commerciale a titolo di “commissione”.
In totale, erano sessantuno i coinvolti. Le difese di alcuni imputati hanno optato per la messa alla prova o per riti alternativi. I legali degli altri invece si sono opposti al rinvio a giudizio richiesto dalla procura. Hanno spiegato che di fatto sarebbe mancato il presupposto della truffa. I soldi che ottenevano dall’esercente, nonostante la “trattenuta”, erano comunque di loro spettanza e sarebbero stati spesi in ogni caso. Secondo questa linea, sarebbe mancato un danno per lo Stato. La procura ha insistito per il processo. Il gup Roberto Riggio invece ha disposto il non luogo a procedere. Le motivazioni saranno successivamente depositate. Gli imputati sono rappresentati dagli avvocati Giuseppe D’Alessandro, Raffaela Nastasi, Giovanna Cassarà, Francesco Spataro, Claudio Bellanti, Francesco Iannì, Maria Selene Cassero, Rosa Biondo, Natalia Adelina Conti, Andrea D’Alessandro, Antonio Muscia, Antonio Arcerito, Fabio Bennici, Francesco Rizzo, Riccardo Incarbone, Carlo Foschea, Carmelo Ragusa, Gaetano Spataro, Concetta Di Pietro, Pietro Stimolo, Marco Randazzo, Giovanni Di Martino, Antonella Spata, Marco Trovato, Salvatore Arancio, Giancarlo Galesi, Giulio La Rosa ed Ennio Adamo.