La terra frana e i soldi scarseggiano: Collura, “Diverse aree a rischio”

 
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Gela. Rischio sismico ancora molto elevato in diverse zone della città: i fondi economici a disposizione, però, non sembrano poter bastare ad assicurare interventi incisivi. La conferma arriva dal presidente dell’associazione provinciale dei geologi Giuseppe Collura.

“Importanti aree della città – spiega – ricadono, addirittura, in fascia R4. Di conseguenza, il rischio sismico è veramente molto alto. Adesso, abbiamo un piano comunale di protezione civile. Il problema, però, sono le coperture economiche necessarie ad attuarlo”.
Un passo decisivo per arginare il rischio si chiama microzonazione: una sorta di mappatura dell’intero territorio cittadino necessaria ad individuare le aree d’intervento. “Anche sotto questo profilo – continua Collura – le norme emanate a livello governativo si scontrano con le esigenze di bilancio. Da un lato, a Roma, ci dicono di procedere alla microzonazione del territorio; dall’altro, però, bisognerebbe capire come farlo senza soldi in bilancio”.
Ma il pericolo non è solo quello sismico. A preoccupare, sono i tanti segnali di dissesto idrogeologico.
“Effettivamente – spiega il geologo – i danni principali sul fronte idrogeologico sono stati causati da un tasso d’abusivismo edilizio, in passato, senza precedenti. Si è costruito sopra i canali di scolo e le linee destinate a far confluire le acque piovane. Così, in aree come Settefarine o Margi, precipitazioni abbondanti possono provocare vere e proprie esondazioni”.
Collura, insieme a Salvatore Saia, responsabile dell’ufficio provinciale di protezione civile, prosegue nella sua opera di sensibilizzazione.
“Bisogna capire – ammette – che per contrastare il rischio sismico ma anche quello idrogeologico non è necessaria solo l’ingegneria. E’ inutile costruire esclusivamente muri di contenimento. La geologia è essenziale per contrastare gli abusi subiti da questo territorio”. L’analisi di Collura, inoltre, si spinge fino a ricomprendere l’area industriale dell’Asi.
“E’ una zona – commenta ancora il geologo – da tenere sotto osservazione soprattutto davanti a possibili incidenti all’interno della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore. Il monitoraggio deve essere costante”. Il nodo, però, rimane principalmente economico: con le casse di Palazzo di Città in asfissia, l’unica soluzione rimane quella dei bandi lanciati dagli uffici dell’Unione Europea.

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