Gela. Benché sia già trascorsa qualche settimana, non mi è ancora andata giù una questione che ritengo di vitale importanza per la Sicilia, indipendentemente dal colore politico. Quando, su indicazione del nostro incredulo e stizzito commissario cittadino di Forza Italia, il dott. Enzo Pepe, ho letto di Michele Mancuso che lamentava sdegnosamente, e legittimamente, l’esclusione della Sicilia in quanto a rappresentanza nel Governo Draghi, mi ha colto un irrefrenabile sentimento di rabbia. Leggendo, poi, l’intervista fatta all’on. Gianfranco Miccichè sulla questione, tale sentimento si è trasformato in un incontenibile furore, tanto da indurmi a ricorrere alla penna e al foglio di carta. L’autore di questo autentico sconcio politico e morale, corrisponderebbe al nome dell’on. Antonio Tajani, essendo il segretario nazionale di Forza Italia. Non è che il tutto sia avvenuto in modo silente, senza che ci sia stata la presa di posizione di Miccichè, tutt’altro! Miccichè aveva puntato i piedi perché non si consumasse quello che senza giri di parole definisco un atto di volgare arroganza. Cosa ha lamentato soprattutto Miccichè? Il fatto che Tajani non si sia dimostrato un vero leader, non essendosi dimostrato il leader di tutti. E io aggiungo che un vero leader non mette in gioco per nessuna ragione al mondo la sua credibilità e il suo carisma. Tajani, normalmente misurato ed accorto nelle parole e nelle azioni, decidendo di ignorare la Sicilia, nonostante le reiterate, giuste e legittime rimostranze dello stesso Miccichè, è scivolato sulla classica buccia di banana commettendo uno smisurato errore strategico dal punto di vista politico. I tre ministri accreditati da Draghi (Gelmini, Carfagna e Brunetta) nonché i sei sottosegretari nominati per Forza Italia, sono lungi dal rappresentare la Sicilia. Neppure, in fondo, Giorgio Mulè, che pure è siciliano, può dirsi davvero “siciliano” non vivendo più nell’isola, ma soprattutto non vivendo più direttamente i problemi della Sicilia da ben trent’anni. Un nome adeguato era stato inutilmente segnalato da Miccichè nella persona della talentuosa senatrice Gabriella Giammanco. Miccichè aveva persino proposto il nome di Armao come tecnico, suggerimento e indicazione anch’essi disattesi. Fin qui non ho detto nulla di nuovo, se non fosse che mi stupisco che anche il padre del partito, l’on. Silvio Berlusconi, di cui ho sempre apprezzato il talento, il grande cuore e lo stile, non abbia sentito il dovere, la gratitudine verso un uomo, Miccichè, che gli ha regalato, in più di un’occasione, soddisfazioni tali da essere incorniciati nella bacheca d’oro dei ricordi. Il fatto che la Sicilia non sia adeguatamente, anzi per nulla rappresentata nel Governo Draghi, la dice tutta e chiaramente sulla considerazione che se ne ha. Immagino la sofferenza e il disgusto provati da Gianfranco Miccichè nel leggere l’elenco dei ministri e della lunga teoria dei sottosegretari . Tajani non ha tenuto per niente in considerazione il fatto che il popolo forzista siciliano che, come è risaputo, è quello che dà maggiormente lustro, carne e sangue a Forza Italia, in virtù di numeri che accrescono sensibilmente la media nazionale. E Miccichè, che ne è da sempre il mentore, ignorato come cosa di poco conto! Qui vengono falsate le regole che vigono nel gioco democratico che è quello dei numeri. Evidentemente Tajani segue una sua particolare matematica che è quella del meschino opportunismo e, per essere ancora più chiari, quella di gratificare la propria cricca, come lo stesso Miccichè ha sottolineato. La sensazione che ne abbiamo tratto è quella di essere stati impallinati dal fuoco amico. Tutto qui? Neanche per sogno! Dovendosi scegliere il sostituto del neo ministro on. Mara Carfagna, all’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, niente di meglio che scegliere l’on. Andrea Mandelli invece che l’on. Stefania Prestigiacomo, col risultato di vedere incrementata la già numerosa pattuglia dei nordisti nei ruoli che contano. Se da un lato non vogliamo mettere in discussione il valore dell’on. Mandelli, dall’altro vogliamo rimarcare quello dell’on. Prestigiacomo, la cui storia politica si è sempre mantenuta su livelli di assoluto rilievo. Conclusione: niente di niente per e alla Sicilia! Ne abbiamo francamente piene le scatole delle belle frasi o delle belle citazioni in favore della Sicilia. Diciamolo in maniera cruda: senza la Sicilia, persino l’Europa, e non solo quindi l’Italia, risulterebbe amputata nella sua parte migliore, fatta di arte, di cultura, crogiolo di tante civiltà, esempio luminoso di accoglienza e tolleranza. Abraam Yehoshua ha sottolineato che la Sicilia, che contiene le memorie dei greci, dei romani, dei musulmani, dei cristiani e degli ebrei, potrebbe essere la Bruxelles del Mediterraneo. Ovviamente, una pretesa scandalosa per molti! Se come diceva Maupassant, che bisogna visitare la Sicilia, unica al mondo, che può essere definita come uno strano e divino museo di architettura, o come ha asserito Massimiliano Fuksas che la Sicilia, soprattutto quella sud-orientale, è la cultura declinata nelle sue migliori espressioni, o come confessava già Federico II di Svevia allorché diceva di non invidiare a Dio il paradiso perché era ben soddisfatto di vivere in Sicilia, allora bisognerebbe ripensare il rapporto con il potere centrale, costituito spesso da buffoni vestiti a festa, la cui parola vale sovente zero. Goethe avrebbe manifestato tutta la sua incredulità nel vedere una Sicilia così umiliata, lui che ha detto che l’Italia, senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna, e che sarebbe poca cosa e persino incomprensibile. Edward Luttwak, indignato oltre ogni dire, ha rimarcato che per quello che è e rappresenta, la Sicilia dovrebbe essere la California d’Europa e ha invitato i siciliani a staccarsi dal resto d’Italia se vogliono proprio riscattarsi e, come ai tempi di Federico II di Svevia, stupire ancora il mondo.
Ciascuno può pensarla come vuole, certo è che, se non proprio muri, troppi lacci e lacciuoli continuano ad imbrigliare qualsiasi tentativo di riscatto della Sicilia. Evidentemente, non tutti sarebbero contenti, persino chi scrive, di tagliare il cordone ombelicale che lega la Sicilia al resto d’Italia, maggiormente chi dalla Sicilia ha tratto onori, gloria e potere, ma sempre con un “ma” di riserva. Aveva di che inorgoglirsi Ignazio Buttitta nel dire che chi vuole la poesia deve venire in Sicilia, isola destinata, però, a subire, larvatamente o palesemente, pesanti saccheggi. Brucia ancora, tra l’altro, la ferita inferta alla Sicilia dall’allora ministro Tremonti, allorché questi decise di dirottare altrove, e per motivi non totalmente giustificabili, quattro miliardi già destinati alla Sicilia. La Sicilia va bene al resto d’Italia quando deve bearsi dei premi nobel e di tutta la guarnigione di letterati che hanno fatto e continuano a fare grande la letteratura italiana e dei grandi artisti che hanno lasciato il segno nell’intero pianeta. La Sicilia va bene al resto d’Italia quando si voglia stupire il mondo. Così è stato in occasione del G7 tenutosi appena qualche anno fa a Taormina, voluto da un orgogliosamente ostinato Matteo Renzi. Abbiamo visto come i Grandi della Terra, sedotti dalla perla dello Ionio, sembravano come smarriti, perché meravigliati, ubriacati e attraversati nel corpo e nell’anima da quella poderosa ventata di bellezza. Salvo, poi, etichettare l’intera isola come mafiosa, immagine amplificata anche da tanti filmacci. Mi fermo qui per non cadere nell’enfasi e nell’iperbole. Mi pregio, però, d’invitare tutte le forze politiche dell’isola, qualunque sia il loro colore politico, di fare quadrato nei momenti che contano per dare un futuro di sviluppo e di ulteriore bellezza ai nostri figli e nipoti. Ricordo a tutti coloro che vivono oltre lo stretto, quanto bruciante sia a volte il senso di solitudine e d’isolamento vissuto da noi isolani, sentimento che non viene meno neanche quando non dobbiamo attraversare lo stretto col traghetto ma prendiamo un aereo. E in questo, spesso la politica ci mette del suo. Tanti avranno visto quel numerino apposto sulla segnaletica dell’autostrada Siracusa-Gela, ossia E45. Ebbene, questo numero non è semplicemente un numero convenzionale o la sigla di un colorante o di uno sverniciatore, ma indica che la Siracusa-Gela costituisce il tratto terminale di una strada europea che, attraversando dall’estremo nord all’estremo sud l’intera Europa, parte da una piccola località lappone della Finlandia, Kaaresuvanto, e conclude il suo percorso di 4920 Km a Gela. Ora noi aspettiamo che venga fisicamente quanto simbolicamente risolta la frattura tra l’Europa e la Sicilia e che Palermo sia l’ultimo, meraviglioso gioiello da incastonare nell’Europa dei sogni, ma soprattutto dei popoli.
Micciche e la rovina di tutta la Sicilia con se anche gli assessori e deputati.purtroppo la nostra terra non gode di una buona politica. Il risultato si vede non funziona niente. A volte mi domando la magistratura le forze dell’ordine non vedono e non sentono. Ritornando al nostro mic.a Palermo lo schifano.
Non disperare
Anche quanto la Sicilia ha avuto rappresentanti al governo non è che le cose siano andate diversamente ne vediamo i risultati
Per quanto riguarda forza Italia Berlusconi e Miccichè mi meraviglia il fatto che ancora oggi dopo che la storia e i processi si sono pronunciati ci sia gente che nutra speranze in quel partito e in certi personaggi