Gela. La decisione dell’amministratore delegato, Bernardo Casa, di fermare l’attività produttiva di Raffineria Gela rischia di avere serie ripercussioni sull’economia di tutto il territorio nisseno.
Si teme per l’occupazione dei mille dipendenti della fabbrica del colosso energetico Eni e dell’indotto, rappresentato da piccole imprese mai uscite dalla mono committenza della Raffineria di contrada Piana del Signore.
Alla base del malcontento ci sarebbe sia la decisione del Tar chiamato a pronunciarsi sul ricorso presentato da Eni sulle emissioni imposte dal ministero Ambiente per il rilascio dell’Aia, che il sequestro della magistratura che indaga sull’incendio che ha interessato l’area tubazioni di collegamento agli impianti topping1 e coking1, legato ad una perdita di prodotto idrocarburico. “Il quadro che si delinea è quello di una fermata che, essendo legata agli accertamenti disposti dalla magistratura, potrebbe avere dimensioni temporali non prevedibili – accusano le segreterie territoriali di Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil – il che rischia di drammatizzare lo scenario di incertezza presente sul versante delle autorizzazioni propedeutiche al piano di investimenti per il rilancio del sito industriale. L’auspicio è che la pianificazione della lavorazione del greggio gelese presso altri siti non determini le condizioni per un’ulteriore precarizzazione dei futuri assetti della Raffineria di Gela”.
“E’ un momento difficile. Il blocco della produzione della Raffineria crea forte preoccupazione – dice Rosario Amarù, vice presidente nazionale Piccola industria di Confindustria – Soprattutto nel sud della provincia di Caltanissetta, dove la Raffineria non può continuare a investire. Per noi è un cavallo da cavalcare e non da mungere. Una grande opportunità per l’economia di questo territorio. Dobbiamo fare quadrato attorno a loro per superare questo momento. Le difficoltà sono ovviamente anche delle piccole imprese e dell’indotto che vive e convive con questa grande realtà che non va sicuramente bistrattata. Settecento milioni di investimento sono un fatto da tenere in grande considerazione. La Fiat a Termini Imerese è andata via. L’Eni ha deciso di restare. Non dobbiamo creare le condizioni per invogliarli a investire altrove”. Esprimono preoccupazione anche gli esponenti ci Confindustria Centro Sicilia a Lega Coop Caltanissetta. “Tutti gli imprenditori e gli operai sono in preda quasi al panico – aggiunge Carmelo Turco, presidente di Confindustria Centro Sicilia – Il rischio della cassa integrazione è realmente concreto e non sappiamo cosa accadrà domani. La magistratura deve fare il suo lavoro ma auspicherei tempi più celeri”. “credo sia logico che ci sia una smossa della burocrazia a rilasciare tutte le autorizzazioni – conclude Leonardo Li Causi, presidente Lega coop provinciale – oltre a controllare che Eni mantenga le promesse, salvaguardando l’ambiente e l’occupazione. Ci vorrebbe un’autorizzazione unica e non spezzettate in varie realtà. Inoltre, bisogna smetterla di ideologizzare un problema che non esiste. Gela non è come Taranto. Chi lo afferma mente sapendo di mentire”.