Gela. Dal contenuto di un’intercettazione, tra le tante alla base dell’inchiesta “Agorà” contro la stidda riorganizzata, gli investigatori risalirono alla presunta cessione di una pistola. Una vicenda che non finì mai tra le contestazioni di quell’indagine, ma che successivamente ha portato a processo l’operaio Calogero Sabattini (non coinvolto nel blitz). Per gli inquirenti, sarebbe stato lui a mettersi a disposizione e a garantire l’arma. Una ricostruzione sempre respinta dall’imputato e dal suo legale di fiducia, l’avvocato Mirko Maniglia. Ad anni di distanza da quei fatti, è arrivata la prescrizione. Il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, ha disposto l’estinzione del reato, appunto per l’intervenuta prescrizione. Un verdetto formulato, dopo che il pm Mario Calabrese non ha potuto far altro che prendere atto dei termini ormai superati. Il legale dell’operaio, anche nel corso di un’iniziale istruttoria avviata davanti al giudice monocratico (la competenza è poi passata al collegio), aveva ottenuto una perizia sul contenuto dell’intercettazione.
La scarsa qualità audio e i tanti dubbi sull’identificazione, lo hanno spinto a ribadire che l’imputato non avrebbe avuto alcun ruolo nell’intera vicenda, spiegando inoltre che l’arma sequestratagli era comunque regolarmente detenuta. La prescrizione ha chiuso l’intero procedimento.