Gela. I fondi che iniziavano a scarseggiare, la crisi e poi il fallimento. Adesso, è arrivata anche la condanna a tre anni di reclusione per il titolare di un’azienda edile locale, finito a processo con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Il verdetto è stato pronunciato dal collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, a latere Ersilia Guzzetta e Tiziana Landoni. Giuseppe S., stando alla requisitoria del pm Mario Calabrese, avrebbe trasferito i fondi restanti ad un’altra società, risultata riconducibile ad alcuni familiari. Si sarebbe trattato di una mossa finalizzata a svuotare le casse dell’azienda madre. Per questo motivo, l’accusa ha chiesto la condanna.
Il trasferimento dei fondi. Una ricostruzione che invece è stata contestata dalla difesa dell’imprenditore, sostenuta dall’avvocato Giuseppe Nicosia. Per il legale, infatti, non ci sarebbe stata alcuna intenzione di svuotare le casse della società per sottrarre i fondi restanti alle procedure di fallimento. Per questo motivo, anche nel corso dell’istruttoria dibattimentale, è stata prodotta documentazione contabile che, però, non ha convinto i giudici. Alla fine, il dispositivo letto in aula ha accolto in pieno le richieste formulate dal pubblico ministero.