Gela. Tutti siamo interessati a parlare del nostro Paese e ci dichiariamo impegnati ad amarlo e rispettarlo. I meridionali in particolare sono solo preoccupati di non dispiacere il popolo del nord. Ipocritamente sono disposti a scrivere libri di storia, di filosofia, di mafia e di attualità rinnegando la storia del proprio popolo, perché chi non conosce o fa finta di non conoscere il territorio in cui abita, magari ne condivide i principi religiosi e morali resta sempre un ipocrita e un figlio illegittimo.
Certo ai nostri giorni questi appellativi sono stati modificati con le politiche di sinistra che apertamente hanno dichiarato che non si deve parlare di mamma e papà ma di genitore uno o genitore due per non offendere i figli della nuova era.
Una volta un Paese esisteva per tutti quelli che lo abitavano e lo volevano tale, figli della loro storia e custodi dei principi religiosi e morali. Ma dal 1860, dal momento in cui i Piemontesi aiutati dalla massoneria Inglese e Francese hanno deciso di invadere e colonizzare, cancellando la nostra storia, la nostra dignità di uomini liberi è cambiata.
I nostri sapientoni storici hanno cancellato dalla loro memoria la vera storia dei meridionali e con tutta l’ipocrisia di questo mondo scrivono senza considerare la verità. Tutti questi esseri inutili iniziano parlando del meridione come di un popolo arretrato, morto di fame e non abituato a lavorare, mettendo a raffronto un settentrione laborioso e impegnato nelle cultura, nelle arti e nelle scienze. Per noi meridionali emigranti con la valigia di cartone subito dopo la colonizzazione tosco – padana e lo scippo subito, la letteratura moderna è piena, mentre degli emigranti nordisti che fino al 1860 emigravano nelle Americhe del sud, prima del 1860, nessuno ne parla.
Alcuni uomini del nord, sostengono che nessun impresa del sud sia stata mai trasferita al nord e allora noi ci chiediamo: perche S. Leucio, Mongiana, Pietrarsa, e non citiamo altri stabilimenti del meridione, subito dopo l’unificazione spariscono e chiudono? costringendo operai ed impiegati ad emigrare per sfuggire alla fucilazione o al trasferimento nelle carceri Piemontesi di Fenestrella, castello Sforzeschi di Milano o ancora nelle carceri Ligure? Sono svaniti nel nulla, solo per volontà del Divino Redentore che li ha voluti in cielo senza nessuno intervento dei colonizzatori generosi.
Questi si sono preoccupati di divedere l’Italia in due parti ben distinte, una che prima dell’unità emigrava era piena di debiti che non avrebbe mai potuto pagare e una parte che aveva i due terzi della ricchezza di tutta l’Italia restante che se li vide sottratti per pagarsi i debiti e lo sviluppo.
Io, nel mio precedente lavoro, ho messo in evidenza alcune eccellenze significative che si erano sviluppate nel Regno delle Due Sicilie da tempi memorabili e incrementati dai sovrani Borboni (alcuni nati in Italia) fino al 1860,e costituivano delle vere e proprie eccellenze completamente cancellate dai tosco padani con la consapevolezza della nostra cultura pennivendola e ipocrita al servizio di un nord ignorante e presuntuoso.
Rimane insopportabile la nostra letteratura impegnata a ricordarci pedissequamente la nostra miseria, la nostra ignoranza e la nostra disperazione vedi gli scritti del nostro grande verista, del nostro grande musicista e di tutti gli storici, scrittori o politici che si sono succeduti dopo la mala unità senza considerare i nostri comici e autori di vario genere che si sono sforzati di mettere in evidenza la nostra miseria e ignoranza per arricchirsi facendo sorridere sia quelli del nord che quelli del sud.
Oggi tranquillamente assistiamo, con la convinzione di noi tutti meridionali, a una parte dell’Italia che insulta e si ritiene superiore e una parte che viene insultata e non reagisce più perché convinta di essere inferiore. Assistiamo passivamente al progresso di quella parte dell’Italia dove si costruiscono nuovi ospedale per il ricovero degli ammalati e alla emigrazione dell’altra parte per curarsi, una parte ove si pagano meno tasse per avere buoni servizi e una parte dove si pagano più tasse per non aver servizi e quelli che si hanno sono scadenti. Questa Italia disunita dove si danno sempre più soldi alle università più ricche e quasi niente alle università povere. Una parte che ruba e chiama l’altra ladra e una parte che viene derubata e viene chiamata ladra.
Questa parte stanca delle eccellenze oggi li nega mentre l’altra parte manca di quelli essenziali. Matera non può essere raggiunta dalla ferrovia a un solo binario e in Sicilia le ferrovie si abbandonano o chiudono, vedi la tratta Gela-Caltagirone dove per raggiungere Trapani si impiega una giornata. Secondo alcuni studiosi fenotipi del territorio benedetto da Dio, tutto è avvenuto per caso, le eccellenze dopo il 1860, giustamente, si sono sviluppate al nord, le banche spariscono al sud e si trovano volontariamente inserite nelle strutture bancarie del nord, le assicurazioni raccolgono denaro solo per il nord,il processo economico del moltiplicatore si può sviluppare solo al nord. Tutto è dovuto, noi comunque siamo fiduciosi nella Divina provvidenza Manzoniana e infatti restiamo in attesa della ricompensa della Divina provvidenza, visto che “Dio perdona molte cose per un’opera di misericordia” e se ha perdonato l’Innominato noi speriamo che ci faccia questo grazia.
Un chiarimento (Vocino a pag.37 e 38 ha pubblicato la stampa di fede di credito del Banco delle Due Sicilie, del Banco di Pietà, di S. Giacomo, dello Spirito Santo e di S. Eligio), tutte Banche del meridione arretrato ma non dice che le Banche del meridione volontariamente si sono lasciate inglobare dalle Banche del settentrione. Possibile che tutti gli uomini di cultura, non parlo dei politici perché invertebrati, non notano queste differenze madornali e si nascondono ipocritamente dietro tutte le cavolate che emergono nei dibattiti televisivi, particolarmente quelli della RAI dove paghiamo come tante pecorelle il canone?
Cosa hanno bisogno questi professoroni a tutti i livelli per prendere coscienza della realtà storica scritta dai vincitori? Nessuno chiede di dichiarare guerra ai nordisti per i torti fatti, ma quantomeno chiedere scusa per i soprusi commessi. La storia è piena di questi comportamenti strani contro popoli inermi e massacrati senza pietà, oggi molti hanno chiesto scusa per le atrocità commessi e ci piace ricordare la chiesa dell’inquisizione , l’America degli indiani, le nostre colonie una quella di Gheddafi e mi fermo per non appesantire i benpensanti perché si scandalizzerebbero al solo pensiero che il nord, che ci ha sempre mantenuti e sfamati, possa chiedere scusa al meridione per la colonizzazione praticata pesantemente per volontà di Dio.
Un tipo di colonizzazione che crudeltà è simile quella della terza fase applicata dagli Inglesi, contro i popoli Asiatici, Africani e anche Americani.
Non ci stancheremo mai di sollecitare gli uomini con un pizzico di amore proprio, con una grande dose di dignità, di amore patrio e di onestà, requisiti troppo ardui da trovare in uomini di cultura o politici impegnati a riempirsi le tasche sfacciatamente, ad amare il proprio Paese abbandonando l’ipocrisia e i principi fondamentali che hanno governato questa società malata gravemente.
Lo stupro subito dai meridionali per una invasione non dichiarata del proprio territorio urla ancora riconoscimento della storia e presa di coscienza di un popolo sottomesso con leggi inique, ancora ribolle la legge Pica del 1863 dove tutti i diritti venivano negati e la popolazione posta alla mercè di chiunque uccidesse o rubasse in nome dei Savoia, “paghiamo i conti con la storia che non abbiamo mai fatto – asserisce Paolo Mieli – Nel risorgimento Italiano forse si è esagerato un po’, perché dalla fiaba dei Mille all’unico uomo senza difetti mai apparso sulla terra, Garibaldi, presentato con il volto di Cristo e come lui senza peccato originale, a parte pirateria, traffico di schiavi, furto di cavalli, soldi della massoneria, mazzette e regalie di Vittorio Emanuele II, qualche massacro “liberatorio”e l’adombrato “femminicidio “ di Anita, alla verità negate sulla morte di Ippolito Nievo, che stava per denunciare i furti dei garibaldini, la corruzione, i traditori chiamati patrioti, le bugie e le tresche internazionali e massoniche con cui si fece l’Italia: i saccheggi e le stragi, gli omicidi di Matteotti, Mattei, Mattarella, Moro, Pasolini, Chinnici, Falcone, Borsellino, i patti Stato-mafia, la stagione delle bombe sui treni e nelle piazze, il terrorismo rosso e nero eccetera, che fanno dell’Italia una repubblica fondata su segreti e menzogne di Stato” (Pino Aprile l’Italia è finita).
Da anni sfido i neoborbonici di ogni tipo a documentare un solo caso di “impresa” del sud trasferita al nord con macchinari e maestranze ottenendo in cambio solo fumisterie o contumelie da parte di chi non è in grado di discutere civilmente. Provo per l’ennesima volta a fare chiarezza. Pietrarsa, egregio Maganuco, non sparì affatto né chiuse dopo il 1861 ma rimase in attività fino al 1975; superata la crisi che investì l’intero comparto metalmeccanico italiano appunto nel 1861, Pietrarsa venne assorbita nella napoletana “Società nazionale di industrie meccaniche” costituita dopo i drammatici fatti dell’agosto 1863 e le sue officine – giusto per fare un limitato esempio – tra il 1864 e il 1877 eseguirono su commesse prevalentemente statali lavori per 42 milioni di lire dell’epoca, comprese 150 nuove locomotive (altre 72 vi furono riparate), 1948 carri e 291 vetture per il comparto ferroviario. Su S. Leucio e Mongiana, non potendo certo scrivere cento righe di testo, rimando allo studio problematico e aperto di G. F. Rubino, Le fabbriche del sud. Architettura e archeologia del lavoro, Napoli, Giannini, 2011, e in particolare su Mongiana ad A. Placanica, Storia della Calabria, Donzelli, 2002 o in sintesi ad A. Varano, Mongiana. La fabbrica dove i Borboni sterminavano i calabresi nel sito zoom.sud, che fanno largamente giustizia delle panzane sparse da Primo Aprile e dal suo piemontesissimo editore.
Un chiarimento. Vocino, il cui libro è del 1950, non poteva prevedere che cinquant’anni dopo le banche meridionali, in gran parte a causa di scelte sciagurate dei loro amministratori, sarebbero state assorbite in circuiti di dimensioni nazionali. Però alle pp. 34-35 elenca i sette banchi napoletani settecenteschi (di S. Giacomo, del Salvatore, di S. Eligio, del Popolo, dello Spirito Santo, della Pietà e dei Poveri) e chiarisce che entrarono in crisi a fine secolo per le malversazioni di cassieri disonesti e perché Ferdinando IV, fuggendo da Napoli nel 1798, portò con sé tutto il contante esistente nelle loro casse.
Sulle sciocchezze “modello Fenestrelle” (non Fenestrella) evito perfino di commentare.
Avanti così Sig. Maganuco, stima immensa.