Gela. L’”indagine” sull’area di crisi complessa prosegue al Senato. Domani, sarà il turno dei confederali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, dei sindacati di categoria e di Sicindustria. Ad oggi, lo strumento che avrebbe dovuto rilanciare gli investimenti sul territorio si è rivelato un flop, con risorse finanziarie rimaste quasi del tutto inutilizzate e investimenti che non si sono mai concretizzati. Solo un progetto è stato selezionato da Invitalia, ma la procedura deve ancora essere completata. In queste settimane, la commissione industria del Senato, su iniziativa soprattutto del parlamentare grillino Pietro Lorefice, ha svolto diverse audizioni, compresa quella del sindaco Lucio Greco e dell’esperto Pietro Inferrera. Il bilancio dell’area di crisi e dell’accordo di programma è decisamente “magro”. Dopo sette anni dalla firma del protocollo di intesa, che ha sancito la riconversione green della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore, si sta cercando di riattivare un bando che possa mettere a disposizione i poco meno di venticinque milioni di euro, stanziati dal governo e dalla Regione, anche se l’accordo di programma scade ad ottobre.
Gli stessi tecnici di Invitalia e del Ministero dello sviluppo economico non sembrano avere vere soluzioni in mano e non c’è ancora certezza neanche sul tipo di fondi da usare per rifinanziare il capitolo dell’area di crisi di Gela. Il confronto di domani metterà insieme senatori, sindacalisti e Sicindustria Caltanisetta (sul territorio portata avanti dal reggente Gianfranco Caccamo). I sindacati, fin da subito, sottolinearono l’esiguità delle somme destinate all’area di crisi, che tra le altre cose ricomprende più di venti Comuni. L’”indagine” sull’area di crisi è partita al Senato, mentre si inizia a parlare anche di un altro strumento, il Contratto istituzionale di sviluppo, richiamato da Greco e Inferrera. Allo stesso tempo, si attende che la Zona economica speciale possa aprire la porta ad investimenti che sono ritenuti vitali per la tenuta economica di un territorio, che ancora oggi si trova costretto a fare affidamento quasi solo su Eni. Di recente, Sicindustria è intervenuta ad appoggiare iniziative insieme all’amministrazione, dal progetto del porto rifugio a quello del Centro nazionale per l’idrogeno. Una cosa è certa, i risultati che erano stati ipotizzati sette anni fa non si sono mai visti, almeno fino ad oggi.