Gela. I beni immobili che erano finiti sotto sequestro potranno ritornare nella disponibilità dell’ambulante Rosario Consiglio. L’hanno disposto i giudici della Corte d’appello di Caltanissetta, sezione misure di prevenzione. E’ stato accolto, in parte, il ricorso presentato dagli avvocati Giacomo Ventura e Salvo Macrì. La difesa di Consiglio ha nuovamente spiegato, carte alla mano, che il patrimonio da circa mezzo milione di euro finito sotto sequestro non sarebbe riconducibile ad attività illecite né alla presunta affiliazione di Consiglio al clan Alferi. In primo grado, i giudici nisseni avevano confermato il sequestro dell’intero patrimonio. Adesso, si apre uno spiraglio, dato che i difensori sono riusciti a far cadere il sequestro dell’abitazione di famiglia dell’ambulante, di una casa rurale e di un terreno. Niente da fare, almeno in questa fase, per il denaro e i conti correnti, che rimangono sotto chiave. I legali hanno spiegato che gran parte di quelle somme deriverebbe dall’attività lavorativa, svolta per decenni. Vendita di frutta e verdura, ma anche di angurie, e l’attività di raccolta del ferro sarebbero le principali fonti di reddito del cinquantatreenne, che è stato coinvolto nell’inchiesta antimafia “Inferis”, ritenuto vicino al boss Peppe Alferi.
In primo grado è arrivata la condanna. Nel ricorso e nella documentazione contabile prodotta, la difesa ha sostenuto che buona parte dei redditi sarebbero stati ottenuti in nero, ma senza alcun legame con la criminalità. Per questo, si prepara un ricorso in Cassazione, con l’obiettivo di ottenere il dissequestro delle somme. Gli investigatori sono certi che il patrimonio di Consiglio sia dovuto solo ad attività illecite.