Gela. Venne travolto da un escavatore, nei cantieri per la posa della rete idrica a Manfria. Per la morte dell’operaio riesino Gaetano Accardi, il giudice Miriam D’Amore, al termine dell’istruttoria dibattimentale, ha emesso due condanne. Due anni e due mesi di reclusione sono stati disposti per Carmelo Vasta, della proprietà di “Divina acquedotti”, azienda che si occupava dei lavori per conto di un gruppo di residenti della frazione balneare. Due anni e un mese, invece, sono stati decisi nei confronti di Rosario Innaco, operaio che manovrava l’escavatore che travolse Accardi. Il pubblico ministero Ubaldo Leo, nella requisitoria, ha ripercorso l’intera vicenda, spiegando che in quel cantiere vennero violate le norme di prevenzione e sicurezza e anche la presenza di Accardi nel punto dell’incidente sarebbe stata da collegare all’assenza di controlli stringenti. Pare che gli operai impegnati stessero per concludere il loro turno. E’ emerso che Vasta si era assentato al momento dell’incidente, “per andare a comprare dei caffè in un bar vicino”, ha detto il pm. La manovra dell’escavatore sarebbe stata effettuata senza una precisa segnalazione. Il pubblico ministero Leo ha concluso chiedendo la condanna per entrambi gli imputati (tre anni per Vasta e due anni e due mesi per Innaco). Anche i legali di parte civile, in rappresentanza della moglie, dei figli e degli altri familiari della vittima, hanno parlato di carenze nella sicurezza e di protocolli non rispettati, pur sottolineando l’esperienza ultratrentennale di Accardi. Hanno spiegato che lo stesso Innaco non fosse ancora del tutto formato per manovrare l’escavatore. “Dopo l’incidente i mezzi vennero spostati e lo scavo addirittura ricoperto”, hanno precisato. L’incidente mortale a Manfria si verificò nell’aprile di cinque anni fa e da allora la vita della famiglia dell’operaio cinquantottenne cambiò radicalmente. Gli avvocati Maria Francesca Assennato e Carmelo Terranova hanno concluso per la condanna degli imputati, mentre il legale di Inail ha fatto richiamato gli oneri già coperti dall’istituto. La difesa, sostenuta dall’avvocato Vincenzo Vitello, invece è stata netta nel sostenere che non ci sarebbero state responsabilità da parte dei due accusati, ma che probabilmente Accardi assunse un’iniziativa che non avrebbe dovuto prendere, arrivando nell’area di manovra del mezzo, che poi lo travolse.
Ha ribadito che le norme di sicurezza erano state attuate e l’area di cantiere, diventata fatale per la vittima, era regolarmente delimitata. Il giudice D’Amore ha però accolto la ricostruzione dell’accusa e disposto le condanne, riconoscendo alle parti civili non solo il diritto al risarcimento del danno ma anche consistenti provvisionali, per un totale di 150 mila euro.