Gela. Fu tra i carabinieri coinvolti nell’inchiesta incentrata sul maresciallo Giovanni Primo. Tre anni fa, così come per gli altri colleghi, per Marco Sassone arrivò l’assoluzione pronunciata dal collegio penale del tribunale di Gela e diventata definitiva. “Il fatto non sussiste”, questo riportava il dispositivo letto in aula al momento della decisione favorevole. La Cassazione ha però respinto il suo ricorso sulla richiesta di riparazione per ingiusta detenzione. Durante la fase delle indagini venne sottoposto ad un periodo di arresti domiciliari, poi revocati con l’annullamento disposto dal riesame. Due anni fa, la Corte d’appello di Caltanissetta respinse l’azione per un ristoro da ingiusta detenzione. I giudici nisseni spiegarono che nonostante l’assoluzione, nei fatti confluiti nell’inchiesta ci sarebbe stata “una colpa” del carabiniere, che all’epoca accettò rifornimenti di gasolio gratuiti da un imprenditore locale, a sua volta in stretti rapporti con Primo.
La decisione della Corte d’appello è stata impugnata in Cassazione. I giudici romani, nelle motivazioni rese pubbliche, ribadiscono le conclusioni d’appello. Viene escluso che il carabiniere non avesse percepito nulla dei rapporti e delle intercessioni favorite da Primo, anche nel caso dei rifornimenti di gasolio ricostruiti dagli inquirenti. Anche la Cassazione ha respinto la richiesta di riparazione, che comunque non incide in alcun modo sull’assoluzione di tre anni fa, ormai definitiva.