Gela. Nel luglio di un anno fa, i giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno inasprito le condanne nei loro confronti. Per i magistrati nisseni, quello dei Trubia sarebbe stato un gruppo mafioso, capace di controllare diverse aree rurali della città, escludendo possibili concorrenti nel mercato della raccolta della plastica e delle guardianie. Le difese degli imputati coinvolti nell’inchiesta “Redivivi” hanno depositato i ricorsi in Cassazione. Chiederanno di rivedere le decisioni che hanno condotto all’applicazione di misure ancora più pesanti, con la detenzione in carcere. Il pronunciamento ha imposto quattordici anni e dieci mesi di reclusione a Vincenzo Trubia, undici anni a Davide Trubia e Ruggero Biundo, dieci anni e dieci mesi a Rosario Trubia (1990), dieci anni e tre mesi a Nunzio Trubia, otto anni e undici mesi a Luca Trubia e Simone Trubia, otto anni e nove mesi a Rosario Caruso e un anno di reclusione a Rosario Trubia (1989).
Nel corso del procedimento di appello, gli avvocati Flavio Sinatra, Carmelo Tuccio, Nicoletta Cauchi e Cristina Alfieri hanno negato l’esistenza di un’organizzazione mafiosa, mettendo in dubbio il contenuto delle dichiarazioni di alcuni operatori che sarebbero stati vessati. In primo grado, il collegio penale del tribunale di Gela aveva escluso l’esistenza di un clan, spiegando però che gli imputati avrebbero agito con “metodo mafioso”.