Inchiesta hacker, “Miano bucava anche la webmail della procura di Gela”

 
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Gela. È Carmelo Miano, il giovane programmatore arrestato ieri con l’accusa di aver “bucato” i sistemi di sicurezza informatica soprattutto del Ministero della giustizia e delle forze dell’ordine. Il ventiquattrenne gelese vive e lavora a Roma, per conto di un’azienda privata. Pare che le sue azioni di altissimo livello siano iniziate con la procura di Brescia, per monitorare gli atti di un’inchiesta che lo avrebbe riguardato. Si muoveva su ogni fronte, riuscendo a violare i sistemi anche attraverso malware introiettati nei sistemi in uso ad almeno due dipendenti ministeriali. Stando a quanto emerge, avrebbe forzato quasi quotidianamente la “webmail della procura di Gela al fine di prendere visione di atti coperti da segreto investigativo, anche relativi ai suoi procedimenti”.

Tra gli obiettivi, inoltre, società strategiche nel sistema di telecomunicazioni come Tim e Telespazio. Gli vengono contestati reati come l’accesso abusivo aggravato a strutture informatiche e la diffusione di malware e programmi software, commessi in concorso con ignoti. Insieme a lui attualmente sono indagate altre tre persone. L’inchiesta è coordinata dalla procura di Napoli, destinataria di attacchi costanti, al punto da indurre il procuratore Gratteri e i pm a rinunciare a comunicazioni e contatti via whatsapp e pc. Pare sia stato assai presente pure nell’ambito delle attività di transazione dei bitcoin, riuscendo ad acquisire non meno di tre milioni di euro di valore. L’inchiesta è in corso e Miano sarà sentito dal gip per l’interrogatorio di garanzia.

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