Inchiesta antimafia "Mondo opposto", in appello condanne confermate
Per gli investigatori, tra Niscemi e Gela si stava ricostruendo l'organizzazione di Cosa nostra, sfruttando intimidazioni e armi
Niscemi. La Corte d'appello di Caltanissetta ha confermato le condanne per gli imputati coinvolti nell'inchiesta antimafia “Mondo opposto”. Già la procura generale aveva concluso con questa indicazione, salvo due concordati accolti dai magistrati nisseni, per le posizioni di Francesco Amato e René Di Stefano. In primo grado, il gup del tribunale nisseno, in abbreviato, aveva condannato a vent'anni di reclusione Alberto Musto, a dodici anni e quattro mesi di detenzione Sergio Musto (come il fratello Alberto sottoposto a 41 bis), a dieci anni e otto mesi Giuseppe Auteri, nove anni e otto mesi per Andrea Abaco, nove anni e quattro mesi a Francesco Cona, nove anni a Giovanni Ferranti e René Di Stefano, otto anni e quattro mesi a Francesco Torre, otto anni per Giovanni Manduca, sei anni e otto mesi a Francesco Cantaro e Carlo Zanti, sei anni per Francesco Piazza, quattro anni al gelese Carmelo Raniolo e tre anni e quattro mesi agli altri gelesi Vincenzo Cannizzaro e Luigi Cannizzaro, tre anni e quattro mesi a Maria Antonietta Caruso, tre anni a Francesco Amato, due anni e nove mesi a Davide Cusa, un anno e dieci mesi a Gianni Ferranti e un anno e otto mesi a Paolo Rizzo. L'appello è stato avanzato solo da Giuseppe Auteri, Giovanni Ferranti, Davide Cusa, Maria Antonietta Caruso, Gianni Ferranti, Francesco Piazza e Paolo Rizzo. Per le altre posizioni, comprese quelle dei fratelli Musto, la decisione di primo grado è ormai definitiva. Per la conferma delle condanne hanno concluso le parti civili, il Comune di Niscemi, con l'avvocato Paolo Testa, e i Ministeri dell’interno e della difesa, attraverso l’Avvocatura dello Stato, con il legale Giuseppe Laspina. Secondo le accuse, gli imputati avrebbero avuto un rapporto diretto con il boss Alberto Musto. Per gli investigatori, tra Niscemi e Gela si stava ricostruendo l'organizzazione di Cosa nostra, sfruttando intimidazioni e armi. Le difese hanno respinto gli addebiti, escludendo l'esistenza di un'organizzazione. Tra i legali di difesa, gli avvocati Flavio Sinatra, Maurizio Scicolone, Joseph Donegani, Angelo Cafà, Francesco Spataro, Danilo Tipo, Nicoletta Cauchi, Salvatore Leotta, Antonino Grippaldi, Ennio Adamo, Antonio Vincenzo Arcerito, Donatella Cinzia Singarella, Antonino Ficarra, Francesco Mascali, Monica Catalano, Claudio Bellanti, Vita Mercolillo, Agata Maira, Giuseppe Napoli, Antonino Di Gregorio, Riccardo Incarbone e Luca Del Bue. Altri imputati, che non scelsero riti alternativi, sono a processo davanti al collegio penale del tribunale di Gela.
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