Incendio all’impianto Motor fuel della fabbrica Eni, condannati quattro dirigenti

 
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Gela. Condannati con l’accusa d’incendio colposo per non aver adottato tutte le necessarie misure destinate ad impedire il rogo sviluppatosi, nell’ottobre di sei anni fa, nella zona dell’impianto motor fuel della raffineria Eni di contrada Piana del Signore.

Così, il giudice Domenico Stilo ha condannato ad un anno di reclusione ciascuno, con pena sospesa, l’ex amministratore delegato della fabbrica Battista Grosso, l’allora responsabile temporaneo della Soi 2 Carlo Guarrata, adesso nominato a sua volta amministratore delegato, e i tecnici Michele Viglianisi e Daniele Tamburini.
L’unica assoluzione per non aver commesso il fatto è stata formulata nei confronti dell’altro imputato Giuseppe Ostinato. “Non ci fu la necessaria manutenzione neanche ordinaria – ha spiegato in aula il pubblico ministero Lara Seccacini – i tubi di calma, addirittura, vennero sostituiti solo dopo l’incendio. E’ stata messa a repentaglio l’incolumità degli operatori che si trovavano nella zona al momento dell’incendio”.
Lo stesso pubblico ministero, a conclusione della sua requisitoria, ha chiesto la condanna per tutti i cinque imputati ad un anno e sei mesi di reclusione ciascuno.
“Non c’è stato alcun incendio – ha spiegato l’avvocato Piero Amara – è stato sufficiente un intervento degli operatori di quel settore per bloccare tutto. Purtroppo, ci sono stati evidenti strafalcioni da parte del consulente tecnico scelto dalla pubblica accusa. Addirittura, anche i controlli effettuati dagli ispettori dell’Asl avevano sempre dato esito favorevole rispetto allo stato dell’impianto”.
Valutazioni sposate anche dall’avvocato Gualtiero Cataldo e dagli altri colleghi di difesa. Le presunte anomalie individuate, quindi, sarebbero state da legare solo alla cattiva qualità delle saldature effettuate nel sistema. Una linea, però, che non è stata accolta dal giudice che ha pronunciato un dispositivo di condanna per i quattro imputati, con l’unica eccezione di Giuseppe Ostinato, ritenuto privo delle competenze decisorie necessarie a poter avere un ruolo attivo nell’intera vicenda.

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