Gela. Entrò di notte nell’abitazione del centro storico di due anziane cugine per ripulirla, nonostante la presenza delle proprietarie. Nel tentativo di fuggire, il trentenne romeno Marius Maftei iniziò una sorta di percorso ad ostacoli tra i tetti dei vecchi stabili della zona. “Arrivammo sul posto – ha detto uno dei poliziotti intervenuti – perché era stata segnalata una rapina in abitazione. Suonammo al citofono e Maftei si affacciò dal balcone. Si accorse della nostra presenza e cercò di darsi alla fuga. Sfondammo sia il portone d’ingresso dello stabile sia la porta dell’abitazione delle due donne”. Le proprietarie non riportarono ferite, nonostante la paura. “Nella mia stanza, mentre dormivo – ha detto una delle donne chiamata a testimoniare in aula – mi accorsi della presenza di un uomo. Ho visto solo gli occhi. Mi disse di non gridare”.
Il fermo di Maftei. Oltre ai poliziotti, arrivarono, a supporto, anche i carabinieri. “Ad un certo punto – ha detto un militare – mentre cercavamo di bloccarlo, Maftei tentò di afferrare la pistola di un poliziotto. Eravamo in cinque ma si faceva fatica a fermarlo”. La difesa dell’imputato, sostenuta dall’avvocato Guglielmo Piazza, mira soprattutto a far cadere le accuse legate alla presunta aggressione ai danni di poliziotti e carabinieri e a ridimensionare le conseguenze dell’irruzione nell’abitazione. Mentre veniva ammanettato, nelle tasche del trentenne vennero trovati alcuni gioielli e denaro. “I gioielli non erano sicuramente miei – ha detto la donna vittima della rapina – sui soldi, non so dire se fossero tutti quelli che mancavano nel mio appartamento”. I testimoni hanno risposto alle domande del pm Antonio D’Antona, davanti al collegio penale presieduto dal giudice Miriam D’Amore, a latere Marica Marino e Tiziana Landoni.