Gela. Metanolo e idrogeno dai rifiuti solidi. I manager di Asja e MyRechemical (del gruppo Mare Tecnimont), questa mattina in consiglio comunale, sono ritornati a spiegare l’investimento per la realizzazione dell’impianto rifiuti, annunciato dalla Regione. I manager Tommaso Cassata e Giacomo Rispoli hanno parlato nel corso del monotematico, fissato dal presidente Salvatore Sammito. E’ stato il consigliere civico Rosario Faraci ad introdurre il tema, essendo stato tra i promotori del monotematico. “E’ l’occasione per confrontarsi con la città, che ha già subito una ferita, e per spiegare meglio quali siano i particolari della tecnologia”. I due gruppi hanno proposto il progetto, per una “bioraffineria 2.0”, così l’hanno definita. “Non un termovalorizzatore a differenza di quello che è stato riferito inizialmente dalla Regione”, ha detto Tommaso Cassata. “Non saranno bruciati i rifiuti, nessuna combustione, ma per la prima volta si mette insieme la chimica con i rifiuti, per estrarre carbonio e idrogeno, destinati a formare le molecole di metanolo. E’ vera economia circolare. Il rifiuto ritorna materia prima”, hanno ribadito. I manager non trascurano le preoccupazioni del territorio. “E’ giusto chiedersi se un territorio debba risolvere interamente il problema rifiuti della Regione ma è anche giusto chiedersi perché non accettare una sfida anche occupazionale con una tecnologia che non è pericolosa”. Per Rispoli, l’investimento sarà alla base di una nuova “hydrogen valley”. Il metanolo sarà destinato a diventare carburante per le navi, “sostituendo quello attuale che è altamente impattante”. Confermato l’accordo che le aziende hanno già stretto con Eni. “L’impianto sarà realizzato nell’area che un tempo ospitava il sistema di dissalazione”, è stato riferito. Le aziende ritengono che l’infrastrutturazione già presente possa essere un punto di partenza. La base rimane il sin gas. Le società hanno stretto intese anche con gruppi esteri, per un ciclo sostenibile che parte sempre dai rifiuti, “non sottoposti a combustione”, l’hanno ribadito più volte. Sono tante le associazioni, presenti questa mattina in aula, che però ritengono assai pericoloso un impianto di questo tipo, in un territorio già fortemente pregiudicato dal passato industriale.
Per i manager, anche la filiera del trasporto non sarà impattante. Il docente dell’università “Kore” di Enna, Maurizio Volpe, ha ribadito che la tecnologia “è un processo di gassificazione che si può preferire all’incenerimento. Può essere un challenge per il territorio. Un’opportunità”. L’altro docente dell’università ennese, Gaetano Di Bella, ha comunque posto la questione “energivora” di impianti come quello proposto.