Gela. Il rogo dell’automobile avvenne su commissione. Fu il titolare di un bar a pagare per l’incendio. Una ritorsione, probabilmente, contro quello che riteneva un rivale. Ad agire, furono Giovanni Canotto e Carmelo Meroni. Ad ammettere i fatti è stato proprio Canotto, che ormai da tempo collabora con i magistrati. L’esercente avrebbe pagato e il rogo danneggiò una Volkswagen, parcheggiata nella zona di via Recanati. Sia Canotto che Meroni, al termine dell’istruttoria dibattimentale, sono stati condannati, anche se il giudice Miriam D’Amore ha comunque riconosciuto la continuazione, con condanne già pronunciate nei loro confronti nel giudizio scaturito dall’inchiesta “Praesidium”. Per Meroni, così, è stato deciso un aumento di due mesi, mentre per Canotto di un mese. Fu un poliziotto ad accorgersi di quello che stava accadendo. “Meroni ci aspettava in macchina”, ha detto Canotto, che agì insieme ad un altro complice. Il poliziotto riuscì a riconoscerli, anche se si diedero alla fuga. Al termine del dibattimento, il pm Pamela Cellura, confermando la piena responsabilità dei due imputati, ne ha chiesto la condanna: un anno e nove mesi per Meroni e un anno nei confronti di Canotto.
Nel dispositivo letto in aula, il giudice ha riconosciuto la continuazione, come chiesto dai difensori, gli avvocati Giuseppe Fiorenza e Angelo Tornabene. Canotto, che ha scelto di collaborare con i magistrati, si è già accusato di decine di danneggiamenti e di altri fatti, confluiti in altre indagini, compresa quella antimafia ribattezzata “Stella cadente”.