Gela. In primo grado, nell’ottobre di due anni fa, venne pronunciata una condanna per trent’anni complessivi di detenzione. La condanna di primo grado. Quindici anni ciascuno, infatti, vennero comminati all’ex dipendente comunale Salvatore Di Giacomo e al nipote Giovanni Di Giacomo. Sarebbero stati loro, in base alle accuse mosse dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, a progettare il tentato omicidio dell’ex direttore generale di Palazzo di Città Renato Mauro. Adesso, dopo l’avvio del processo di secondo grado scattato a seguito dell’impugnazione della sentenza di condanna, il giudizio viene sospeso proprio per il settantunenne Salvatore Di Giacomo. I giudici nisseni hanno accolto le richieste formulate dal suo legale di fiducia, l’avvocato Flavio Sinatra. Una dettagliata perizia medica è servita a mettere in luce le gravi condizioni di salute dell’imputato che, di conseguenza, non è in grado di partecipare al dibattimento. Il giudizio, invece, prosegue per il quarantaquattrenne Giovanni Di Giacomo. Il prossimo 28 novembre, spetterà al suo legale, l’avvocato Danilo Tipo, esporre le conclusioni successive alla richiesta di conferma delle condanne già arrivata dalla procura generale. Nel procedimento, parte civile si è costituito il Comune con l’avvocato Alfredo D’Aparo.
L’azione messa a segno in via Crispi. I Di Giacomo finirono in manette il 15 febbraio del 2011 nell’ambito di un’operazione eseguita dalla squadra mobile di Caltanissetta e dagli agenti del locale commissariato. Il tentato omicidio di Renato Mauro risale al 19 maggio del 1992. La vittima era a bordo della sua auto e stava percorrendo via Francesco Crispi quando fu sparato un colpo di pistola calibro 22 che lo raggiunse alla mandibola sinistra. L’arma, subito dopo il primo sparò, si inceppò.