Gela. Un’abitazione rurale data alle fiamme e presunte pressioni esercitate sull’ex dipendente, un ragioniere, con l’obiettivo di farlo rinunciare alla vertenza lavorativa già avviata.
L’assoluzione dei quattro imputati. Lo scorso giugno, il giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Caltanissetta Marcello Testaquadra, però, assolse tutti i quattro imputati: l’imprenditore Alberto Cammarata, uno dei suoi dipendenti Bruno Migliore, Rosario Moscato e il collaboratore di giustizia Emanuele Cascino. Caddero, infatti, le accuse di tentata estorsione e danneggiamento. In base alla linea del gup, infatti, non ci sarebbero stati elementi tali da poter giustificare la tentata estorsione. Una linea portata avanti anche dai legali di difesa, gli avvocati Giacomo Ventura, Carmelo Tuccio, Cristina Alfieri e Vania Giamporcaro. L’ex dipendente del gruppo Cammarata, vittima peraltro anche dell’incendio della propria abitazione rurale, si costituì parte civile con l’avvocato Rocco Guarnaccia. Davanti all’inatteso verdetto d’assoluzione per i quattro imputati, proprio il legale di parte civile si appresta a richiedere al pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta d’impugnare la sentenza. In primo grado, i magistrati della Dda chiesero comunque la condanna di tutti gli imputati. Richiesta, però, non accolta dal gup Testaquadra.
La parte civile chiederà al pm d’impugnare il verdetto. La parte civile, pur non avendo la possibilità autonoma d’impugnare il verdetto, può comunque presentare una formale richiesta al pm con l’obiettivo di fargli contestare la sentenza davanti ai giudici della corte d’appello di Caltanissetta. Non è da escludere, comunque, che in base alle motivazioni della decisione d’assoluzione, il pm decida comunque di contestare il verdetto in secondo grado.