Gela. Due periti per trascrivere il contenuto di circa centocinquanta intercettazioni, soprattutto ambientali. L’incarico è stato assegnato dal collegio penale del tribunale di Gela nel corso del dibattimento scaturito dall’inchiesta “Polis”. I pm della Dda di Caltanissetta sono convinti che l’elezione dell’ex sindaco di Niscemi Francesco La Rosa sia stata sostenuta dalla famiglia di cosa nostra e da uno dei suoi referenti principali, il boss Giancarlo Giugno (a sua volta a giudizio per gli stessi fatti). I due esperti dovrebbero depositare l’elaborato entro il termine di novanta giorni. A processo sono finiti l’ex sindaco ma anche i gelesi Calogero Attardi e Giuseppe Attardi, Salvatore Mangione, Giuseppe Mangione, Francesco Alesci, Francesco Spatola. In base alle accuse ci sarebbe stato un vero e proprio patto tra politica e mafia. Il collegio inoltre ha respinto le opposizioni formulate dai difensori degli imputati che hanno contestato la decisione di sospendere i termini di custodia cautelare. Il presidente Miriam D’Amore (a latere Marica Marino e Tiziana Landoni), ha invece deciso per la sospensione davanti ad attività dibattimentali ritenute complesse, anche per la mole degli atti d’indagine.
In aula, l’accusa è sostenuta dal pm della Dda nissena Luigi Leghissa. Il Comune di Niscemi è parte civile, con l’avvocato Massimo Caristia. Gli imputati invece sono difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Maria Concetta Bevilacqua, Gino Ioppolo, Giuseppe D’Alessandro, Rocco Di Dio e Claudio Bellanti. Il blitz scattò a conclusione di una lunga indagine e all’indomani del cambio di guardia al municipio niscemese. Le manette scattarono anche per l’ex sindaco La Rosa, che invece ha sempre escluso qualsiasi condizionamento mafioso.