Il Prefetto lo rassicura e dopo 85 giorni Missuto interrompe la sua protesta

 
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Gela. La sua vicenda, forse, si avvia sulla strada della soluzione definitiva. Dopo oltre ottantacinque giorni di sciopero della fame e un lungo presidio organizzato nel piazzale antistante palazzo di giustizia: l’imprenditore Emilio Missuto ha deciso di ritornare a casa.

“Le mie condizioni fisiche – spiega – non mi consentono di proseguire. Lo scorso giovedì, il prefetto di Caltanissetta Carmine Valente mi ha comunicato che l’intera documentazione sui pagamenti ancora non ricevuti verrà rivista direttamente dai tecnici del ministero”. Missuto, a causa dei continui ritardi nei versamenti da parte degli uffici di diverse amministrazioni locali, ha dovuto chiudere i cancelli delle sue aziende. “Ho deciso di protestare con queste forme così drastiche – continua – perché le amministrazioni statali non possono permettersi di gettare sul lastrico un cittadino. Adesso, sono un indigente che ha ottenuto molta solidarietà solo da altri concittadini e dal prefetto Valente. La mia rabbia, sia chiaro, non è rivolta contro chi amministra il sistema giustizia ma solo in direzione dei tanti errori che hanno contribuito a mettere sul lastrico quelli che un tempo erano i miei dipendenti”. La protesta, iniziata a metà aprile, ha prodotto conseguenze anche sul corpo dell’imprenditore che, più volte, ha dovuto ricorrere all’intervento dei medici del Vittorio Emanuele. “Ho iniziato ad avere serie difficoltà nello stare in posizione eretta – ammette Missuto – i dolori ai reni sono continui e, spesso, faccio fatica a sopportarli. Dovrò ricominciare a nutrirmi in maniera graduale. L’organismo non ha sopportato la perdita di così tanti chili in pochi mesi”. L’imprenditore deve ancora ricevere circa un milione di euro solo per il programma d’investimenti del patto del Golfo: oltre alle somme mai ottenute per appalti vinti sia in Sardegna che in altre province siciliane. “Spero – conclude – che le sofferenze patite da me e dalla mia intera famiglia possano servire da lezione. Non mi arrenderò fino a quando non mi sarà dato quello che legittimamente mi spetta”. Le difficoltà economiche attraversate dal suo gruppo lo hanno costretto a chiudere i battenti del maxi impianto realizzato in contrada Sabuci, diventato teatro di devastazioni e ripetuti furti.

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