Gela. Condanna a dieci anni di reclusione da confermare per l’ex consigliere comunale sessantasettenne Francesco Muncivì. Condanna da confermare per Muncivì. La richiesta, al termine della sua requisitoria, è arrivata dal procuratore generale nel corso del giudizio di secondo grado che si sta celebrando davanti alla Corte d’appello di Caltanissetta. Muncivì è accusato di estorsione e di aver imposto il pizzo a diversi imprenditori impegnati nei cantieri per un complesso residenziale nella zona di via Butera, facendo leva su presunti legami mafiosi. La condanna a dieci anni di reclusione, in primo grado, era arrivata nell’estate di due anni fa. La procura generale, invece, ha rinunciato al ricorso contro Giuseppe Giorrannello, imprenditore impegnato a sua volta in quei cantieri. In base al pg, non ci sarebbero elementi utili per collegarlo all’intera vicenda. Cinque anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, inoltre, sono stati chiesti per il fratello Silvio Giorrannello. I due, in primo grado, erano stati assolti. In base a quanto sostenuto dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta già nel corso dell’inchiesta “Casa Nostra”, Muncivì avrebbe imposto il pagamento del pizzo a tutte le aziende impegnate nei cantieri del complesso residenziale. Chi non pagava, non avrebbe potuto continuare i lavori. Sarebbe stato lui, secondo le accuse, il vero factotum dell’intero progetto. Ricostruzione del tutto contestata, già in primo grado, dai suoi legali di fiducia, gli avvocati Antonio Gagliano e Flavio Sinatra. I fratelli Giorrannello, invece, sono difesi dall’avvocato Antonio Impellizzeri. Parti civili, invece, sono gli imprenditori titolari delle aziende finite al centro delle presunte richieste estorsive. Sono rappresentanti dagli avvocati Joseph Donegani, Nicoletta Cauchi, Fabio Fargetta e Vittorio Giardino. Adesso, spetterà alle difese replicare alle richieste della procura generale.