Il caso Mattei, perché non si indaga su tutti gli omicidi?

 
0

Cos’è successo realmente la notte del 27 ottobre del 1962? Cosa ha portato l’aereo che trasportava Enrico Mattei a precipitare nella piovosa campagna pavese?

Che fine ha fatto il giornalista Mauro de Mauro e chi ha ordito la sua scomparsa? Perché le testimonianze e gli elementi a favore dell’ipotesi di omicidio furono ignorati?

Una pellicola inchiesta. Questi ed altri sono gli interrogativi che hanno spinto Francesco Rosi a girare un film su uno dei più grandi misteri italiani, un regista che si trasforma in investigatore e finisce per partecipare attivamente, con la sua opera, alla storia che voleva raccontare, caso unico dove un film diventa strumento per la ricerca della verità e la ricerca della verità diventa, essa stessa autrice di quest’ultimo. “Il caso Mattei” è una vera e propria pietra miliare, non solo del cinema ma anche della nostra storia, uno stupendo racconto della vita dell’uomo che ha condizionato gli equilibri del mondo, d’Italia della Sicilia e, non ultimo, di Gela. Ecco perché, sebbene i fatti siano ormai lontani negli anni, non possiamo rimanere indifferenti. Il caso Mattei coinvolge tutti, per sempre.

Il film. La trama non segue gli eventi in ordine cronologico, ma in sequenza non lineare con improvvisi balzi da una scena all’altra, avanti e indietro nel tempo. Rosi inizia mostrandoci subito l’epilogo, l’incidente aereo, i primi rilevamenti, la raccolta delle testimonianze, il tutto avvolto dalla tipica foschia lombarda e, non possiamo non considerare simbolica l’atmosfera nebulosa di quegli attimi.

Con un taglio netto vediamo il Mattei all’inizio della sua carriera, come commissario dell’Agip, dove era stato collocato unicamente per completare lo smantellamento dell’ente statale, considerato, in quegli anni del dopoguerra pieni di cambiamenti e soffiati da un’aria liberista e atlantista, un inutile fardello fascista. Qui il nostro scoprirà invece le enormi potenzialità del suolo italiano dal punto di vista energetico, con la scoperta e la messa in moto del primo pozzo a Caviaga, e la successiva “febbre del petrolio” cavalcata da tutti i media dell’epoca. Sarà lo stesso Mattei ad ammettere che in realtà di petrolio ne trovò ben poco, c’era però molto metano, e l’eccessivo clamore divenne per lui un’opportunità, opportunità di tenere in vita la sua creatura fino a trasformarla nel colosso ENI e di promuovere in tutto il mondo la tecnologia avanzata che distinse l’ente dalle grandi compagnie petrolifere americane(le Sette Sorelle).

L’ascesa. Successivamente, la storia si fa ritratto, in una serie di dialoghi e incontri il regista espone le idee e il carattere del personaggio. Ci viene presentato un presidente ENI passionale, elettrico, con una risposta arguta o un aneddoto sempre pronto, autoritario e fermo nei principi ma anche diplomatico. Ma quali sono i suoi principi?

Egli credeva fortemente che, essendo a capo di un ente statale, aveva il dovere di lavorare esclusivamente negli interessi della collettività, senza piegarsi alle regole fisse del libero mercato e per questa ragione, andava anche oltre quello che era il suo potere, influenzando politica e partiti. E’ celebre l’esempio di quando paragonò la sua collaborazione con un partito a un viaggio in taxi, finita la corsa scende e ne prende un altro, ma poteva farlo, in quanto si riteneva avallato da ruolo che ricopriva, un atteggiamento dispotico, per Enrico Mattei, è giustificato se messo al servizio dei cittadini e non a proprio vantaggio. In effetti, di vantaggi ne ebbe pochi, guadagnò nemici semmai, come quando scardinò l’ordine del mercato petrolifero internazionale, cominciando a trattare con i paesi produttori con parità, facendo offerte più vantaggiose ai paesi del Medio Oriente e riuscendo a diffondere il marchi ENI in tutto il mondo.

Questo a scapito di quelle compagnie che fino ad allora avevano solo sfruttato e derubato questi paesi, ovviamente gli americani, senza dimenticare la Francia che dovrà avere a che fare con un’ Algeria ancora colonia, ma agitata e desiderosa di indipendenza. Con questi trascorsi non deve sorprendere che qualcuno lo volesse morto, anzi molti incontrandolo si sorprendevano di vederlo ancora in vita.

La storia che entra nel film. Probabilmente il regista e sceneggiatore, insieme al grande Tonino Guerra, Francesco Rosi avrebbe voluto semplicemente girare un “normale” film biografico d’inchiesta, ma il destino aveva altri piani e ci ha voluto mettere le mani, fino a far entrare la preparazione dell’opera all’interno dell’opera stessa. Tra un capitolo e un altro della vita del protagonista, magistralmente interpretato da Gian Maria Volonté, il montaggio ci trasporta ben otto anni dopo gli eventi narrati, nel 1970, precisamente l’anno della lavorazione del film. Potrete vedere il maestro Francesco Rosi alle prese con la sua ricerca d’informazioni per la stesura della sceneggiatura.

Il giornalista psrito nel nulla. In una di queste scene Rosi telefona alla redazione de L’Ora a Palermo per chiedere al giornalista Mauro de Mauro di raccogliere notizie sugli ultimi giorni di Enrico Mattei, passati a Gagliano e a Gela. Questo è un fatto realmente accaduto e, come si vede nel film, una volta partito di lui non si saprà più niente, scomparso nel nulla, e il suo corpo non sarà mai ritrovato. Indagheranno sulla sua fine il Generale Dalla Chiesa e Boris Giuliano che anni dopo saranno, come sappiamo, uccisi dalla mafia, come a conferma dell’alone di mistero che circonda l’intera faccenda. Soltanto di recente si è potuto stabilire con certezza che Enrico Mattei è stato ucciso, ma ancora non possiamo sapere ad opera di chi.

Enrico Mattei a Gela. Prima di morire, passò due giorni in Sicilia per celebrare l’inizio dell’estrazione di gas a Gagliano, dove tenne il suo ultimo discorso. Trascorse il giorno prima nella nostra Gela, il regista lo dipinge circondato da persone apparentemente amichevoli, cariche pubbliche e giornalisti, e lì nel Motel Agip, già minacciato di morte, non si abbandonò nella paura ma anzi, ribadì davanti a tutti il suo scomodo pensiero. Si potrebbe parlare della scena in cui rimprovera duramente gli inservienti per la scarsa pulizia dei bagni, scena che può essere indicativa di come noi gelesi, a volte, ci facciamo conoscere ma tacerò. Mi preme invece fare questa domanda, l’ENI è stata ed è per noi una presenza imponente e costante, ha dato tanto e ha tolto tanto ma mi chiedo: cosa sarebbe oggi di Gela se Enrico Mattei fosse vivo, o se soltanto una parte del suo spirito e della sua visione fosse rimasta nel cane a sei zampe? Io credo, che se un tale colosso fosse rimasto a servizio della collettività, oggi parleremmo di tutta un’altra storia.

Finale amaro.“Il caso Mattei” si conclude così come era cominciato, un aereo schiantato al suolo, le ambulanze prelevano i corpi e ancora non è arrivato qualcuno che possa dissolvere la nebbia di quel giorno.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here