Gela. Si sarebbe mosso solo per interessi personali, sfruttando la divisa da carabiniere e il ruolo di comando ottenuto al reparto territoriale di via Venezia. Secondo il pm della Dda di Caltanissetta Matteo Campagnaro, vanno confermate le accuse mosse a Giovanni Primo. Al termine di una lunga requisitoria, svolta a chiusura di un dibattimento tenuto a porte chiuse, è stata chiesta la condanna a dieci anni e cinque mesi di reclusione per il maresciallo. Sarebbero stati provati anche i presunti rapporti con esponenti del gruppo Alferi. L’indagine che portò all’arresto del militare fece emergere rapporti piuttosto ambigui con esponenti vicini al boss Peppe Alferi. La condanna, a due anni di reclusione, è stata chiesta anche per l’esercente Giuseppe Catania. Per il resto, invece, il pm ha notevolmente rivisto il quadro accusatorio, chiedendo l’assoluzione degli altri imputati, Orazio Spadaro, Angelo D’Andre, Giacomo D’Andrea, Andrea Alessi, Roberto Motta, Daniele Russello e Rocco Di Caro. Sono tutti accusati di aver gravitato intorno al maresciallo dei carabinieri, ottenendo favori e riuscendo ad avere il suo sostegno, anche per aggiustare procedimenti civili o risolvere problemi legati alle attività condotte. A processo, sono finiti anche altri carabinieri. Tutto, secondo l’accusa, sarebbe passato dalle mani di Primo.
Nel corso della prossima udienza, toccherà ai legali di difesa concludere. Gli imputati sono rappresentati dagli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Antonio Gagliano, Maurizio Cannizzo, Angelo Licata, Fabrizio Ferrara, Nicoletta Cauchi, Carmelo Tuccio, Francesco Cottone, Raimondo Maira. Le parti civili, con gli avvocati Davide Limoncello e Giuseppe Laspina (che rappresenta l’Avvocatura dello Stato costituita nell’interesse del Ministero dell’interno e della difesa) hanno ribadito le richieste di condanna.