I clan sull’asse Gela-Niscemi, le condanne a Barberi, Musto e Rizzo: i giudici hanno depositato le motivazioni

 
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Gela. Per i giudici della Corte di appello di Caltanissetta sono confermate le accuse mosse dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta

nei confronti di Alessandro Barberi, Alberto Musto e Fabrizio Rizzo.

I rapporti tra i clan gelesi e quelli niscemesi. Sono state depositate, infatti, le motivazioni della sentenza emessa, a luglio, proprio dai giudici nisseni di secondo grado. Sedici anni di reclusione ad Alessandro Barberi, in continuazione con un precedente verdetto, dieci anni e un mese ad Alberto Musto e otto anni a Fabrizio Rizzo.I tre imputati erano accusati di aver cercato di riorganizzare la famiglia di cosa nostra lungo l’asse Gela-Niscemi. Nel mirino dei clan, sarebbero finiti imprenditori ed esercenti, soprattutto di Niscemi. I tre sono stati coinvolti nell’inchiesta “Fenice”. Stando agli investigatori, l’obiettivo degli imputati era ricostruire la struttura del clan di cosa nostra tra Gela e Niscemi. Le verifiche si concentrarono soprattutto sulle mosse, successive alla scarcerazione, di Alessandro Barberi che sarebbe stato il tramite tra i gruppi di Gela e quelli di Niscemi. Per le difese, però, non ci sarebbero certezze effettive sul contenuto delle intercettazioni utilizzate nel corso delle indagini. Tra i punti deboli messi in luce dai legali Flavio Sinatra, Francesco Spataro e Antonio Impellizzeri, il fatto che le indagini presero il via dalle dichiarazioni di Roberto Di Stefano, per alcuni mesi collaboratore di giustizia e, poi, arrestato a conclusione del blitz “Fabula” con l’accusa di essere inserito nel clan Rinzivillo. Adesso, le difese potrebbero decidere di impugnare i verdetti davanti ai giudici di Cassazione.

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