Gela. Da Entimo ed Antifemo ad Archestrato, dal tiranno Ippocrate alle tragedie di Eschilo ed Euclide, da Federico II allo sbarco degli Americani. Il tutto in chiave brillante, recitato in stretto dialetto gelese ma con spunti di riflessione amari. Il testo di Paolo Di Dio, curato dalla regia di Biagio Pardo e dal suo piccolo teatro di Gela, con la direzione musicale di Daniele Mammano, racconta di una terra fertile, che gli antichi colonizzati di Creta e Rodi decisero di conquistare attraversando l’allora fiume Gela.
In un racconto storico dettagliato nei particolari la musica ha la sua centralità, con cover di brani famosi che vengono adattati al particolare momento storico. Una commedia brillante quella di una “Ghela mai vista”, destinata non solo ad un pubblico adulto di prima serata ma soprattutto ai tanti giovani di questa città che magari distrattamente non sanno o nessuno gli ha mai raccontato che qui si narrano le tragedie di Eschilo ucciso da una tartaruga scagliata da un’aquila che la teneva tra gli artigli, o ancora del matematico Euclide.
Una terra colonizzata e conquistata da tiranni e imperatori, distrutta e ricostruita quattro volte.
E se non erano le guerre a raderla al suolo furono gli eventi sismici ad annientarla, come quello dell’11 gennaio 1693. Gli attori si alternano sul palco con disinvoltura, incantano con i racconti e strappano risate con le battute in dialetto. Questa è un’opera che merita di essere proposta costantemente in tutte le scuole. La riflessione è amara perché invita i gelesi a stare attenti ai lupi che vogliono ancora una volta colonizzare questa città, ricca di storia ed arte, una delle più belle del Mediterraneo, imbruttita da cinici speculatori. Bravissimi gli attori, impeccabile l’orchestra ed i testi adattati. L’organizzazione è stata affidata ad Emanuele D’Angeli ed alla Kroma Production.
Ghela può risplendere ancora? Basta ricordarsi della sua storia per esaltarne bellezza ed importanza.