Gela. La piccola fornace è sottosequestro perché giudicata non idonea a produrre. I suoi storici camini sono molto più bassi delle ciminiere del petrolchimico che distano poche centinaia di metri.
Il titolare della fornace, Rosario Spina, si sente uno degli imprenditori che ha pagato col prezzo più caro la fuoriuscita di combustibile sul fiume Gela. “Da quando c’è questo inquinamento a mare non sto guadagnando più – denuncia Spina – I clienti trovano tutti gli accessi ostruiti e tornano indietro. Anche io per potere passare ho dovuto sudare le proverbiali sette camicie. La mia ditta è sotto sequestro e non può produrre ma in magazzino c’è una scorta di materiale pronto a essere commercializzato.
Ho una scorta di tegole e affini di circa 20 mila euro. Tutto adesso è bloccato. Io e la mia famiglia siamo costretti a iniettarci punture per disintossicarci, perché i sanitari hanno riscontrato problemi medici. Credo che qualcuno debba risarcirmi”.