Gela. Dovrà essere riconsiderata la posizione del cinquantenne Antonio Gueli, con un passato fatto di pesanti condanne incassate per vicende legate alla guerra di mafia e sottoposto a sorveglianza speciale fin dal 1997. I giudici della Corte di Cassazione hanno accolto il ricorso presentato dalla difesa di Gueli, rappresentata dall’avvocato Flavio Sinatra. Sia i giudici del tribunale di Caltanissetta che quelli della Corte d’appello nissena avevano respinto la richiesta di revoca della misura. Ribadirono la “pericolosità” del cinquantenne, proprio per i suoi trascorsi e perché non avrebbe del tutto preso le distanze dai gruppi di mafia. Valutazioni che la difesa ha del tutto respinto, rivolgendosi alla Cassazione. I magistrati romani hanno accolto il ricorso, con una pronuncia di annullamento con rinvio del decreto emesso dalla Corte d’appello. In sostanza, dovranno essere ancora una volta i giudici di secondo grado ad esprimersi, ma seguendo la linea indicata dalla Cassazione. In base alla motivazione emessa e nonostante la richiesta di rigetto del ricorso, avanzata dalla procura generale, secondo i giudici di Cassazione non ci sarebbe stata una valutazione scrupolosa dell’attuale situazione di Gueli e del suo percorso di reinserimento. Il cinquantenne, già da tempo, lavora e aveva trovato occupazione in Toscana, prima di rientrare in città. Un ritorno che per la Corte d’appello avrebbe potuto costituire un tentativo di riallacciare i rapporti con i clan, conclusioni che per la difesa non sono mai state supportate neanche da relazioni di polizia. Gueli, dopo le vicende che l’hanno coinvolto e le relative condanne espiate, secondo la difesa ha preso le distanze dal suo passato, avviando un percorso diverso e di rinserimento sociale.
“Il decreto, così congegnato, appare sostanzialmente elusivo dell’obbligo motivazionale gravante sul giudice di merito atteso che, da un lato, valorizza l’unico dato obiettivo disponibile (la commissione di gravissimi reati) omettendo, tuttavia, di valutare tale elemento in termini combinati con tutti gli altri a disposizione trascurandone ogni considerazione (il positivo comportamento carcerario, lo svolgimento di attività lavorativa), in parte, opera una valutazione non del tutto coerente con le relative risultanze (la commissione dei reati fine dell’associazione alla quale Gueli è risultato estraneo diventa un elemento valutato negativamente ed il mancato coinvolgimento in recenti indagini di polizia un elemento incomprensibilmente «neutro»). Così operando la Corte di appello ha sostanzialmente disatteso i principi elaborati dalla più recente giurisprudenza di legittimità”, scrivono i giudici romani.