Gela. Gli studenti di Gela non hanno dubbi. La mafia è rappresentata oggi da uomini in giacca e cravatta.
Politici e imprenditori capaci di mettere le mani sugli appalti più importanti. Quasi un coro unanime quello che ha contraddistinto ieri mattina “La carovana antimafia” giunta alla sua ventesima edizione. L’iniziativa partita da Lampedusa, terminerà domenica a Siracusa, passando per Sant’Elisabetta e Vittoria. Il tour di Libera è approdato all’Istituto Tecnico Commerciale “Luigi Sturzo” per l’incontro con studenti provenienti da diverse scuole della città promosso da Arci e Libera. Non è passata inosservata l’assenza dell’associazione Antiracket presieduta da Renzo Caponetti e quella della cittadinanza. A fare gli onori di casa, c’erano Luciana Carfì, Alfio Foti (coordinatore della Carovana fino al 2006), Calogero Parisi presidente della cooperativa “Lavoro e non solo” che a Corleone gestisce diversi beni confiscati alla mafia. Interessanti le testimonianze della preside Angela Aliotta, del presidente dell’Associazione ARCI Le Nuvole Luciana Carfì e del responsabile del MOVI di Gela Enzo Madonia. Ha coordinato i lavori Giuseppe Montemagno, presidente territoriale dell’ARCI di Caltanissetta.
Presente il sindaco Angelo Fasulo e il neo dirigente dell’istituto Grazio di Bartolo. “L’incapacità di mettere le mani sui terreni confiscati alla mafia – ha detto Alfio Foti fondatore ed ex coordinatore della carovana– potrebbe essere un vantaggio per i mafiosi che con prestanome riescono a ottenere e gestire gli stessi spazi che un tempo lo Stato ha sequestrato”. Negli anni la Carovana è cresciuta, superando lo Stretto e talvolta anche i confini nazionali con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le comunità locali sui vari fenomeni sociali, economici e culturali che si legano al proliferare delle mafie e dell’illegalità. “Non credo, a differenza di quanto sostenuto- ha detto lo studente del Liceo Classico Andrea Buccheri- che l’argomento mafia sia diffuso nei bar e nelle piazze. L’idea che abbiamo noi giovani della mafia è ancorata alle pistole e alle bombe ma in realtà penso che la mafia si sia evoluta, è passata dalle sparatorie agli appalti e ha capito che per comandare è necessario che si infiltri nei poteri finanziari”. Fragorosi applausi sono giunti dalla platea, da parte di altri studenti che hanno accolto il pensiero di Andrea con un urla liberatorie. “La mafia e lo Stato sono due poteri che occupano lo stesso territorio – ha concluso lo studente, rifacendosi a una frase di Paolo Borsellino- o si fanno la guerra o si mettono d’accordo. Secondo me ci sono degli accordi” . Un evidente dissenso e rabbia hanno contraddistinto il dibattito. “I giovani sono arrabbiati con la politica- ha dichiarato Rita Borsellino- uno stato d’animo comune a quello dei ragazzi che hanno assistito alla guerra di mafia. Oggi però c’è una consapevolezza diversa, oggi i ragazzi si sentono vittime del sistema e per questo devono provare a cambiare le cose. E’ importante discutere sugli aspetti positivi molto spesso oscurati da quelli negativi. C’è la tendenza- ha concluso la Borsellino – a vedere tutto in maniera buia. Ci sono le cose buone fatte e da lì si deve ripartire”.