Gli scavi abusivi per rivendere i reperti archeologici, ventuno a processo

 
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Gela. Il collegio penale del tribunale scioglierà la riserva alla prossima udienza. Sono stati i difensori a sollevare eccezioni su alcuni capi di imputazione contestati ai ventuno imputati, coinvolti nell’inchiesta “Agorà”, condotta dai finanzieri e coordinata dai pm della procura. In base alle accuse, diversi reperti archeologici sarebbero stati piazzati sul mercato illegale, dopo campagne di scavo abusive, condotte sia nell’area locale che in quelle limitrofe. Gli investigatori individuarono una sorta di interscambio tra tombaroli gelesi e catanesi, con appoggi anche in Campania. In base alle accuse, l’organizzatore del giro sarebbe stato Simone Di Simone, affiancato da Orazio Pellegrino, almeno per presunte “consulenze”. Le contestazioni vengono mosse ad Orazio Pellegrino, Simone Di Simone, Giuseppe Orfanò, Francesco Rapisarda, Vincenzo Peritore, Pietro Giannino, Rocco Mondello, Francesco Cannizzaro, Vincenzo Strabone, Giuseppe Cassarà, Piero Cassarà, Salvatore Cassisi, Pasquale Messina, Amedeo Tribuzio, Vincenzo Cassisi, Nicola Santo Martines, Mihaela Ionita, Giuseppe Rapisarda, Francesco Musumeci, Benedetto Cancemi e Gaetano Di Simone.

L’inchiesta sui reperti trafugati. Al momento, il collegio penale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, a latere Tiziana Landoni ed Ersilia Guzzetta, non ha disposto l’apertura del dibattimento. Il pm Antonio D’Antona, invece, ha escluso che le contestazioni formulate dall’accusa siano generiche, come invece sostenuto dalle difese, rappresentate dagli avvocati Davide Limoncello, Salvo Macrì, Giovanni Cannizzaro, Maurizio Scicolone, Nicoletta Cauchi, Ivan Bellanti, Giovanni Lomonaco, Ivo Russo e Paola Carfì.

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