Gela. Il contagiri è fermo tra i 500 e i 600 mila euro. Tanto, infatti, Siciliacque dovrebbe
versare nelle casse del consorzio di bonifica di via Marconi. Soldi, però, che non si sono mai visti e, adesso, potrebbero aprire le porte dei tribunali.
“Si tratta – spiega il direttore del consorzio Vincenzo Caruso – di somme dovute a seguito dell’utilizzo, da parte di Siciliacque, delle nostre reti irrigue. Il concetto è chiaro, abbiamo sempre chiesto ai responsabili dell’azienda di pagare allo stesso modo degli agricoltori serviti. Invece, le somme non sono mai arrivate”.
La contesa si basa sull’uso che Siciliacque, partecipata anche dalla regione, dal 2010 ha fatto delle reti locali. Solo per il biennio 2008 2009, le parti sono riuscite a raggiungere un accordo transattivo da 250 mila euro. Per il resto, invece, è rottura. “A questo punto – dice ancora il direttore del consorzio – non vedo altre soluzioni. Dovremo agire legalmente”. Stando a Siciliacque le somme chieste non sarebbero dovute.
Le somme contese, peraltro, servirebbero a riassettare i conti dell’ente che, a causa dei tagli regionali, non godono di buona salute. “Purtroppo – continua Caruso – dalla regione ci hanno confermato il taglio del contributo. Si passa dal novantacinque percento all’ottantacinque. I conti, però, devono tornare e, inevitabilmente, a risentirne saranno i consorziati”.
Per assicurare il servizio d’irrigazione, quindici operatori assegnati alla vigilanza delle dighe locali sono stati dislocati tra i campi. Lo scenario è tutt’altro che roseo. “A questo punto – conclude il direttore – non capisco come si faccia a dire di voler rilanciare l’agricoltura. Se si taglia e basta, sarà molto difficile”.