Fondi area crisi, “nuovo bando Invitalia”: ad oggi solo un progetto finanziato

 
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Gela. Doveva essere una svolta economica alternativa ad Eni. Ad oggi, l’area di crisi complessa non ha prodotto risultati sul territorio, se non un unico progetto finanziato al termine del percorso tracciato da Invitalia. Venticinque milioni di euro stanziati dal governo e dalla Regione sono rimasti sostanzialmente inutilizzati. Di svolte neanche l’ombra e non sono mai mancate le ipotesi che si potessero individuare fondi ulteriori per rimpinguare stanziamenti, che in origine erano stati promessi con cifre certamente più consistenti. Anche il recente accordo tra Regione e Ministero dello sviluppo economico, che sulla carta il governo Musumeci potrebbero usare per rifinanziare le aree di crisi complessa di Gela e Termini Imerese, si muove intorno ad una nube di forti incertezze. A Palazzo di Città, qualche interlocuzione con Invitalia c’è già stata e negli ultimi giorni è arrivata conferma che il fondo iniziale (quello dei venticinque milioni di euro) verrà messo nuovamente a bando. Questa volta, però, con regole differenti. Nella prima procedura, l’accesso ai finanziamenti era ristretto ad aziende e società in grado di avere un patrimonio finanziario già piuttosto cospicuo, comunque superiore al milione di euro. Condizioni che hanno favorito solo pochi gruppi e il numero di proposte avanzate è stato molto limitato. Lo scorso anno, il governo ha aperto alla possibilità che ai finanziamenti concorrano raggruppamenti con più soggetti economici, così da mettere insieme le rispettive capacità finanziarie. Anche le soglie di disponibilità finanziaria sono state abbassate.

“Ci è stato comunicato – dice l’assessore allo sviluppo economico Terenziano Di Stefano – che i fondi rimasti inutilizzati verranno rimessi a bando. La procedura dovrebbe concludersi a breve. L’amministrazione ha sempre chiesto che non si perdano opportunità di questo tipo”. In una fase economica difficile per la città, avere un’area di crisi complessa che possa sfruttare i fondi (seppur esigui) dell’accordo di programma, sarebbe un primo passo, anche se il cammino sembra tutt’altro che semplice.

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