Ex lido "Love Beach", un rudere ancora da rimuovere: chi deve intervenire?
Le carte parlano chiaro: già nel 2016 la prima richiesta di sgombero
Gela. Sul lungomare Federico II, tra sabbia e dune, il “Love Beach” è solo un ricordo. Quella che un tempo era una struttura balneare è oggi un cumulo di ruderi corrosi dal fuoco e dal tempo, abbandonati da anni a pochi metri dai lidi frequentati dai bagnanti. Le carte parlano chiaro: già nel 2016 la prima richiesta di sgombero. Da allora sopralluoghi della Capitaneria di Porto, note ufficiali, ordinanze. L’ultima ad aprile, quando l’assessorato regionale al Territorio e Ambiente ha imposto l’interdizione dell’area per “notevole incuria e degrado”. Il provvedimento però non è mai stato fatto rispettare. A fine maggio, alle porte della stagione estiva, il rudere è stato avvolto dalle fiamme in un incendio notturno che ha riacceso i riflettori sul caso. I tecnici regionali parlano di “manufatti fatiscenti, pericolosi per l’incolumità pubblica”. Secondo la Regione, l’esecuzione spetta al Comune. Ma dal municipio la replica è un’altra. Il sindaco Terenziano Di Stefano ribadisce la disponibilità alla collaborazione, ma chiede che siano Regione e Demanio ad assumersi la responsabilità della bonifica. Perché il rudere, dice, è ormai inglobato tra le dune che vanno tutelate. Intanto, mentre i rimpalli istituzionali proseguono, quello che resta del “Love Beach” continua a rappresentare un pericolo per chi frequenta il lungomare, simbolo tangibile di una vicenda senza fine che rischia di trascinarsi ancora a lungo.
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