Gela. Avrebbero agito nell’interesse dei clan riesini e dell’agrigentino, pretendendo la messa a posto dall’imprenditore Roberto Pesarini, che però spiegò agli investigatori quello che stava accadendo. Per Massimiliano Sortino e Mario Gattuso, lo scorso anno arrivò la condanna a due anni e nove mesi di reclusione. Per il collegio penale del tribunale, avrebbero preteso che l’imprenditore scegliesse aziende di loro fiducia per lavorare in un cantiere, commissionato dall’ex Provincia di Caltanissetta, lungo un tratto della statale 115 Gela-Licata. Gli investigatori già monitoravano quei lavori, visto che Pesarini nello stesso periodo aveva già subito altre minacce e richieste estorsive. Scattò l’indagine. Le difese dei due imputati hanno impugnato la decisione del collegio penale del tribunale di Gela e a metà aprile si aprirà il procedimento davanti alla Corte d’appello di Caltanissetta. Mettono in discussione la ricostruzione condotta dai pm della Dda di Caltanissetta e ritengono che i due coinvolti non abbiano mai fatto pervenire imposizioni all’imprenditore gelese.
Pesarini è parte civile, con il legale Guglielmo Piazza. In primo grado, gli è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni. Dalle indagini è emerso che il presunto tramite sarebbe stato Maurizio La Rosa, in quella fase ritenuto referente di Cosa nostra gelese. Per primo avrebbe avvicinato il fratello di Pesarini, facendogli capire che dovevano mettersi a posto.