Gela. Il disimpegno di Eni nel sito di contrada Piana del Signore? Una mossa architettata dallo “sceriffo” da due milioni di euro all’anno Claudio De Scalzi, alias il neo amministratore delegato della multinazionale.
Gli esponenti locali di Articolo 4 puntano il dito sul manager che sarebbe il vero protagonista del paventato taglio della raffineria.
“Riteniamo che sia uno se non l’unico caso in cui un amministratore delegato di Eni – scrivono Maria Ferrera, Terenziano Di Stefano, Giuseppe Di Dio e Nicolò Gennuso – stia facendo l’impossibile per non mantenere gli impegni presi dalla società che rappresenta, impegni assunti con le parti sociali, con il governo rappresentato dal prefetto di Caltanissetta, con le istituzioni e con una intera città. Vuoi vedere che il nuovo manager, che parte da un compenso di due milioni di euro all’anno, pensi a fare più utili tagliando posti di lavoro e colpendo mortalmente alcuni territori in modo da ottenere dei bonus legati alle migliori performance di Eni e, magari, superando il predecessore Paolo Scaroni, andando oltre i sei milioni di euro in busta paga?”.
Sotto questo profilo, Articolo 4 “assolve” il premier Matteo Renzi, concentrando le attenzioni sul duro De Scalzi. “Ci viene veramente difficile – concludono – pensare che il capo di un governo che sta facendo una rivoluzione culturale, mettendo mano alle riforme che gli italiani si aspettano da almeno vent’anni, che ha come obiettivo lo sviluppo per la crescita dell’occupazione, ai minimi storici dal dopoguerra, ed in particolare al sud, si comporti da emerito irresponsabile ordinando la distruzione di interi territori come Gela e Taranto. Ci convince di più l’ipotesi di un approccio da “duro” di questo nuovo amministratore delegato”.
Ferrera, Di Stefano, Di Dio e Gennuso invocano la ripresa del piano industriale sancito con l’accordo del luglio di un anno fa da settecentomilioni di euro e rispediscono al mittente i commenti dello stesso presidente siciliano di Confindustria Antonello Montante che ha invitato tutti a leggere il piano industriale del cane a sei zampe. Un piano che, stando ad Articolo 4, “ancora non esiste”.